"La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico.
La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare".
Piero Calamandrei

martedì 28 agosto 2012

“Querelato per aver screditato il Comune di Falcone”



Poteva essere il paradiso. Invece è cemento, cemento, cemento. A destra ci sono la rocca con le rovine e il santuario di Tindari e la straordinaria riserva naturale dei laghetti di Marinello. Dalla parte opposta si scorgono il promontorio di Milazzo e i Peloritani… poteva essere una delle perle turistiche, ambientali e paesaggistiche della Sicilia. Il territorio, però, è irrimediabilmente deturpato da orribili complessi abitativi, alverari-dormitori per i sempre più pochi turisti dei mesi estivi
Tutto questo, per la Giunta Comunale di Falcone, comune di 2.926 abitanti in provincia di Messina, guidato da Santi Cirella è reato e con una delibera (vedi) ha dato mandato a un’avvocata barcellonese di sporgere querela nei confronti di Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell’ambiente, dei diritti umani, della lotta alle criminalità mafiose, autore dell’inchiesta pubblicata su “I Siciliani giovani” (leggi l articolo) che analizza e denuncia, facendo nomi e cognomi, gli intrecci tra affari, mafia e politici locali.
Tra le motivazioni quella di aver “diffamato e leso l’immagine del Comune e della reputazione di tutti i cittadini“, “screditando il buon nome del Pese e dei suoi amministratori”.
Mazzeo parla di mafia ed appalti, delle speculazioni che “hanno richiamato la mafia, quella potentissima e stragista di Barcellona Pozzo di Gotto e delle “famiglie” affiliate di Terme Vigliatore, Mazzarrà Sant’Andrea e Tortorici“, e scrive anche che “Falcone, sin troppo debole dal punto di vista sociale, è divenuta facile preda del malaffare”.
Inchiesta non gradita perché soprattutto si fa più volte il nome del Sindaco Cirella e dei suoi collaboratori, che avrebbero comprovati rapporti con esponenti della criminalità organizzata.
Sempre la stessa storia ed accade che invece di combattere la mafia si cerca di zittire chi ne parla.
Ma se le cose stanno così i comuni di Corleone e Palermo dovrebbero querelare mezzo mondo viste le definizioni che gli sono state date…Leonardo Sciascia venne accusato di rovinare l’immagine turistica della Sicilia e non a caso, in questa storia, sembra di essere in un suo romanzo.
Sembra veramente incredibile, una storia paradossale e gravissima.
L’immagine della nostra “bedda” Sicilia non si rovina con le inchieste sulla mafia, si rovina con queste prese di posizione certo non lontane dal fenomeno mafioso. Il problema è la mafia non chi ne scrive ma come ripete Gian Carlo Caselli «In Italia il vero peccato non è il male, è raccontarlo».
Noi come sempre facciamo affidamento su quei cittadini onesti, rispettosi del buon senso e della legalità, che non hanno sicuramente bisogno di azioni di questo tipo per difendere la propri immagine di cittadini onesti ed esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra piena solidarietà ad Antonio Mazzeo.

mercoledì 22 agosto 2012

Crocetta’s bluff



Cinisi 9 maggio 2009. Davanti la sede di Radio Aut c’è tanta gente, ci sono i compagni di Peppino, gente comune e tanti volti dell’”antimafia”. Inizio a scambiare qualche chiacchiera con Rita Borsellino, con Salvo Vitale, Beppe Lumia…Crocetta, che io ricordi, non c’era, ma il suo nome era nell’aria, c’era un certo entusiasmo quel giorno. A meno di un mese si sarebbe votato per il Parlamento Europeo e Rita Borsellino e Rosario Crocetta  erano sicuramente i simboli di quell’antimafia che doveva arrivare a Bruxelles, così fu.
Io li votai entrambi e ricordo la mia felicità nel segnare quei nomi. Rita Borsellino la conoscevo già, Crocetta meno ma non ebbi dubbi allora sulle persone che potevano rappresentarmi in Europa.
Tre anni dopo quel Crocetta che io votai per il Parlamento Europeo mi richiede il voto ma questa volta di dubbi ne ho molti di certezze una: non voterò mai chi in qualche modo rappresenta la continuità con quel sistema Cuffaro-Lombardo che ci ha distinto negli ultimi anni.
In Sicilia, gli ultimi Presidenti di Regione hanno chiuso il proprio mandato con fatti di mafia.
Cuffaro  e Lombardo gli ultimissimi, il primo condannato a 7 anni  per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, il secondo indagato anche per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa
Ed il prossimo? Beh…il prossimo Presidente di Regione sicuramente conoscerà il passato della sua bella isola e la storia di Palazzo D’Orleans. Forse l’ex Sindaco di Gela avrà ben pensato di adeguarsi alla tradizione e così pian pianino ha iniziato a prendere posizione per arrivare con tutti i requisiti necessari alla guida della Regione Sicilia, perché, salvo dribbling improvvisi di Miccichè, sarà il prossimo Presidente della mia isola. Certo, una svolta. Un passato che conta, due volte Sindaco di Gela, "antimafioso" ed anche omosessuale. Voi direte, ma la mafia? Con quella, probabilmente, si sta attrezzando perché se fino ad oggi si è sempre distinto per il suo impegno e per le sue lotte da quando si è messo in testa di fare il Governatore si sarà scordato del suo passato adeguandosi in toto alla tradizione siciliana.
Tutto è iniziato con le scorse amministrative Palermitane dove, dopo il caos primarie e la spaccatura di quello che oggi è il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, decise di appoggiare insieme ai suoi compagni di partito Lumia e Cracolici, stampelle di questo disastroso governo Lombardo, Ferrandelli. Orlando ebbe la meglio però e subito dopo si iniziò pian piano a percorrere quel tragitto che ci porterà in un modo o nell’altro al voto il 27/28 ottobre prossimo. Crocetta scende in campo per liberare la Sicilia dalla mafia, dal clientelismo e dalla continuità lombardiana a e cuffariana. Una candidatura nata dal web e libera dai partiti, almeno così dice. A poche settimane dall’ufficializzazione della candidatura le cose sono un po’ diverse: l’ex Sindaco di Gela sembra sia il candidato ufficiale del PD, e fin qui non ci sarebbe nulla di male se non il fatto che proprio i migliori alleati di Lombardo sono i suoi sponsor, ed anche dell’Udc. Esatto l’Udc. Quel partito che ha governato con Cuffaro, sostenuto Lombardo e che tra le sue file ha avuto personaggi come Mannino, Romano o Cintola e che ha fornito forse più di ogni altro partito imputati e galeotti vari.
Casini che da Cuffaro non ha mai preso le distanze, anzi, ha messo due mani sul fuoco della sua innocenza lascia fare al Senatore D’Alia, segretario del partito in Sicilia e uomo di Cuffaro, come ci ricorda lo stesso Crocetta, “caro onorevole D'Alia, sono perfettamente convinto che tu non sia nato ieri. E proprio perché non sei nato ieri, sei stato a tua volta prima uomo di Cuffaro e poi di Lombardo” (vedi qui) che dopo aver abbandonato il percorso intrapreso con il PDL di Marcello Dell’Utri segue la linea dettata da Roma, alleanza con il Pd, senza se a senza ma anche in Sicilia.
Caro Crocetta è solo delusione, delusione di chi come me aveva creduto in lei dandogli anche fiducia e votandolo per quell’europarlamento che oggi vuole abbandonare e queste cose le devo dire proprio a lei, non a Miccichè come ci ha consigliato (vedi) . Non si può costruire l’alternativa della Sicilia con chi fino a ieri è stato il partito di Cuffaro ed oggi è sostenitore di Lombardo.
La Sicilia non ha bisogno di compromessi senza progetto ma di un progetto di rinnovamento da costruire con coerenza e credibilità, abbiamo bisogno di una politica che abbandoni l’ipocrisia, che metta al primo posto l’etica e la morale e che non aspetti le sentenze per allontanare persone inaffidabili nella gestione della cosa pubblica.
Le elezioni si vincono con i numeri,  è vero, ma il cambiamento si fa con le persone, che  non sono numeri.

giovedì 9 agosto 2012

E’ nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti.


Stazione di Bologna: 2 agosto 1980, ore 10:25, nella sala d'aspetto di 2ª classe della stazione di Bologna, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplose.
Un boato , 85 morti, 200 feriti e le lancette di quell’orologio che si fermarono.
Per la Strage politica di Bologna esiste una verità giudiziaria. Condannati come autori materiali della strage i terroristi di destra Giuseppe Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, che, ad ogni modo, continuano a dichiararsi innocenti.
Sui mandanti, invece, non esistono certezze.  

“E’ nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti” recita il manifesto dell’associazione delle vittime del 2 agosto  per il 32° anniversario ricorso ancora senza verità.
L’associazione dei parenti delle vittime nata con lo scopo di "ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta”.

DIECIeVENTICINQUE a Bologna vuol dire qualcosa.
E’ un simbolo, un orologio interrotto con quelle ferme lancette che stiamo provando a rimettere in moto. Quell’orologio è il simbolo di una storia, che ci unisce e che da nord a sud ci rende uguali.
Bologna come Palermo. Palermo come Bologna. Due città tanto vicine quanto lontane, vicine come le verità mancanti, lontane come quell’aereo che non arrivò mai a destinazione ma che si squarciò in volo e scomparve in mare, nei pressi di Ustica.
Verità che mancano, troppe. Pezzi dello Stato che segnano la storia, negativamente, tra depistaggi, servizi segreti , piani oscuri e un popolo, un paese, da sud a nord che lotta insieme ricercando sempre la pubblica verità. Nord e sud, partigianeria e rivoluzione antimafia, unite da un’unica resistenza.

Pertini, che in quel tragico sabato si recò subito nella città felsinea, in lacrime affermò: “non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”.
Dopo due anni di assenza, le istituzioni nazionali tornano a Bologna ma soltanto in parte.
Non si presenteranno sul luogo della strage ma presenzieranno soltanto alla ricorrenza in Comune.

Come a dire, lo Stato c’è ma non troppo.