"La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico.
La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare".
Piero Calamandrei

lunedì 30 dicembre 2013

Buon 2014!

Il pensiero di questo fine anno è rivolto a tutte quelle persone che ho avuto la fortuna di incrociare e conoscere meglio. Ma il 2013, è un anno che rimarrà certamente nella storia.

Borgonovo, Lou Reed, Jannacci e il Califfo. Chavez, la Thatcher e Andreotti.
E poi i due papi, Napolitano che non lascia il Quirinale per ritrovarsi Presidente della Repubblica. Le larghe intese, Madiba, Franca Rame e Mariangela Melato. La beatificazione di 3P. Lampedusa. Don Gallo e Margherita Hack.
Licchia e i suoi libri. L'improvviso.

Un nuovo anno da affrontare sempre a muso duro.
L'autore e la canzone, così come le parole, sono sempre uguali.
Sempre quelli giusti per vivere l'anno che verrà.
Ciò che cambia è il motivo, come ogni giorno, come ogni anno.
Buon 2014!


mercoledì 25 dicembre 2013

Ennio Salomone, un “cantautore piccolino”



Per non beccarsi del “cretino” da Benedetto Croce e non essere ripreso dal maestro De Andrè, preferisce definirsi uno chansonnier. E’ Ennio Salomone, ventiseienne saccense, talento di spicco del panorama musicale siciliano. Inizia all’età di 16 anni quel percorso di vita e di produzione artistica che lo ha portato a numerosi riconoscimenti nel campo musicale.  Attento ed acuto osservatore è sensibile ai temi etici e sociali. Malinconico, ma non troppo; vivace, ma ondulato.

Cantante, chitarrista e compositore; nel 2008 apre il concerto ad uno dei “carusi” di Pippo Fava, il cantautore Pippo Pollina, accompagnato dalla chitarra di Andrea Boscarino. L’anno dopo incanta con uno dei suoi capolavori, “ La canzone dell’amore primario, la giuria del festival “ Musica controcorrente”, aggiudicandosi il terzo posto. Ennio impressiona la realtà su pellicole di pensieri per poi svilupparli in musica di poesia. Simpatico, ironico, profondo ma con una giusta dose di sarcasmo, è questo il nostro Salomone. Poesia, musica, letteratura, arte; le sue compagne di vita.
Lo incontro nel bel mezzo del Dedalo Festival di Caltabellotta.  Tra il mare ed i monti Sicani.


Ennio Salomone, cantastorie o cantautore?
Credo nessuno dei due visto che la differenza tra cantastorie e cantautore è sempre stata pura semantica.
Il termine cantautore oggi è talmente confuso, soprattutto nella testa di chi fa musica d’autore, che quasi quasi voglio essere uno chansonnier. Ecco, torniamo indietro per andare avanti.

Il cantautorato è sempre stato un genere di nicchia…
Il problema è che si è talmente allargato il significato di cantautore che i confini, credo, si siano totalmente distrutti e a questo punto anche un percussionista senza testo può definirsi cantautore. Dipende poi in che contesto e cosa sta facendo in quel momento. Diciamo che mi definisco uno chansonnier come lo era George Brassens.

Hai vinto il primo premio nazionale dedicato a Rosa Balistreri.
L’ho vinto io insieme ad altri tre bravissimi musicisti, abbiamo portato un inedito in siciliano al teatro Pirandello. E’ stato il primo di non così tanti riconoscimenti che ho avuto ma che mi ha spinto ad andare avanti nella mia di musica. Mi sono un po’ separato da progetti altrui per intraprendere, seppur piccolo, il mio di progetto.

Un progetto che si è adattato al tempo o che comunque è cambiato nel corso di questi anni…
Ha avuto una evoluzione o involuzione (ride) contestualizzata, come tutti gli tutti gli artisti o non, alla vita che uno conduce, alle visioni che cambiano, ai dolori e alle felicità che uno prova durante la propria vita e in base a questo io ho fatto delle piccole ricerche che mi hanno portato ad allargare un po’ il genere, che era quello del cantautore doc, nel termine sessantottino o sessantottesco, anzi, della parola, per cercare una mia soggettiva visione della musica e provare a trasmetterlo agli altri.

Anche perché non ci sono più le radio libere degli anni ’70 e le cose, oggi, sono un po’ diverse dal punto di vista musicale.
Io ho sempre parlato, utilizzando un termine antropologico, di subcultura della resistenza e si può parlare benissimo di sub cultura nel cantautorato perché io, personalmente, conosco grandissimi artisti che sono totalmente distanti dai clichè radiofonici o dai grandi palchi ma sono quelli che in questo momento con la crisi musicale, discografica, anche culturale, stanno portando avanti il messaggio di musica di valore profonda e impegnata in Italia. E’ pur vero che l riconoscimento è talmente basso che sono ancora più eroici a continuare questo cammino che purtroppo porta quasi sempre a diverse sconfitte perché spesso la frustrazione è tanta quando sai che i tuoi lavori valgono tanto e invece per colpa dello strapotere che controlla i gusti musicali non sono apprezzati.

Domanda scontata, prima il testo o la musica?
De Andrè faceva nascere prima il testo, De Gregori faceva nascere contemporaneamente testo e musica, io diciamo che, essendo ancora un “cantautore piccolino”, come diceva Sergio Cammariere, dipende da quello che esce prima, a volte il testo, che scribacchio nel famoso taccuino dei cantautori, a volte, invece, un motivetto ti conduce e ti porta delle emozioni che ti fanno scrivere la parte del testo.

Quindi cos’è per te, la musica?
La musica è l opposto di tutto, è ciò che ti salva e ciò che ti rovina. Non appena io avrò chiaro ciò che la musica è per me, probabilmente la lascerò, quindi, finchè non conosco cos’è la musica per me continuerò a farla, per capire cos’è, la musica.

Cosa fa in questo momento Ennio Salomone?
In questo momento sto arrangiando e producendo un disco di un cantautore marchigiano che si chiama Andrea Papetti. Poi vi do un esclusiva: canterò nel disco di Oliviero Malaspina una bellissima canzone che si chiama “Verrò a portarti il mio nuovo amore”. Diciamo che mi sto muovendo, uscendo da ciò che ho fatto fin ora, per cercare collaborazioni che mi possono suggestionare per la mia, di musica.

Da quello che mi dici deduco che ti troveremo presto in un reality…
(Ride) credo di fare X-factor…
Finché avrò la lucidità di quello che faccio e come lo faccio, purtroppo o per fortuna, perché non sono ancora riuscito a capirlo, manterrò una strada che abbia una parvenza di coerenza con quello che faccio.
Certo che  vedere due “coglionacci” (si può dire?) che riescono a trovare una notorietà incredibile pur non sapendo far nulla grazie all’apparenza che la televisione porta… poi ci vuole ancora più coraggio ad andare avanti per la strada in maniera coerente per quello che riesci a fare.

mercoledì 18 dicembre 2013

WikiMafia - Libera Enciclopedia sulle Mafie

wikimafia

WikiMafia. L’enciclopedia libera sulle Mafie. Intuitivamente si comprende subito di cosa si tratti: della prima wiki sul fenomeno mafioso. Dunque una raccolta di voci che approfondiscono e analizzano i personaggi, gli eventi, i processi, le dinamiche che hanno caratterizzato la storia delle mafie nel nostro paese. Un progetto da realizzare anche attraverso la condivisione di atti, sentenze, articoli sull’argomento, oltre all’organizzazione di incontri per promuovere la sensibilizzazione sul territorio. Questo è quello che si propone di fare il sito www.wikimafia.it

In realtà, dietro c’è qualcosa di più grande, di più ambizioso, un’utopia possibile: diffondere in tutto il mondo e a tutti i livelli, grazie alle straordinarie potenzialità della rete, la conoscenza che in Italia abbiamo sul fenomeno mafioso. Di più: creare una rete della conoscenza, che permetta di valorizzare tutte le esperienze antimafia e tradurle in voci a più mani, che permettano di comprendere in maniera semplice, chiara e immediata un fenomeno complesso, oscuro e atavico come quello della Mafia.
Un crogiuolo di idee, esperienze, sensibilità e interessi differenti che dia al cittadino curioso così come al militante appassionato una risorsa per contrastare le Mafie sul loro terreno: quello del monopolio dell’informazione. Demolendo quegli stereotipi che per anni hanno trovato terreno fertile nella memoria storica e collettiva popolare. Facile a dirsi, difficile a farsi.

Perché nella oramai grande, fiorente e assordante confusione del mondo che ci circonda, noi tendiamo a scegliere quello che la nostra cultura ha definito per noi e tendiamo a percepire quello che abbiamo scelto nella forma che la nostra cultura ha stereotipato per noi. Questo perché sentiamo parlare del mondo prima di vederlo e immaginiamo la maggior parte delle cose prima di averne esperienza.
E il grande, pervasivo e potente fenomeno mafioso non fa eccezione. Per questo non basta la semplice circolazione di informazioni, serve una sua organizzazione scientifica. E in questo cerchiamo di continuare nel solco tracciato con la propria vita da Rocco Chinnici, che ebbe la straordinaria intuizione di capire che serviva un coordinamento delle indagini sul fenomeno mafioso per agevolare la condivisione di informazioni e impedire una dispersione delle forze in campo. Da quell’idea nacque il Pool che portò alla sbarra Cosa Nostra: noi, molto più modestamente, speriamo che da WikiMafia vengano valorizzate le esperienze di chi, ogni giorno, dedica la sua vita alla lotta alle mafie e vuole condividere la propria conoscenza specifica su un aspetto di quel complesso e multiforme fenomeno che è la Mafia.

Aderire, quindi, ad un progetto così grande e nobile come quello de “i Siciliani” è per noi assolutamente naturale. Non solo perché fa del concetto di rete e di condivisione della conoscenza il pilastro su cui fondare la lotta antimafia, ma anche e soprattutto perché abbatte le barriere culturali stereotipate dalla cultura dominante. Perché dimostra che “i Siciliani” sono in tutta Italia, con un solo cuore che batte all’unisono per quel sogno di libertà dall’oppressione, dalla corruzione e dalla prepotenza che ha animato intere generazioni di antimafiosi. Per questo WikiMafia, che è nata un giorno d’ottobre di un anno fa in una fredda e umida Milano, non può che sentirsi “siciliana”.

Siciliana nel vero senso della parola, cioè guidata da quell’ardore e da quella passione di lotta che non possono che essere nati sotto il sole cocente del Mediterraneo, tra i fichi d’India e il profumo delle zagare. Così, dalla Sicilia a Milano, da via Maqueda a piazza Duomo, corre un’esperienza che ha la forza di quella natura aspra e selvaggia delle Madonie e della Sicilia intera. In nome di chi ha versato il proprio sangue per quel sogno di un’Italia diversa da quella che ci hanno lasciato i mafiosi e i corrotti che l’hanno governata e la governano tuttora. Lottare per questo obiettivo può riempire degnamente una vita. 
Noi lo faremo. Da cittadini, da giovani italiani. Da Siciliani.

sabato 7 dicembre 2013

DIECI e VENTICINQUE: due anni, le lancette che ripartono (e qualcosa in più)



Quando abbiamo iniziato il nostro percorso (qui, eh), esattamente due anni fa, sicuramente nessuno di noi si sarebbe aspettato di arrivare a questo punto. L'adrenalina e l'entusiasmo erano tanti. I Siciliani giovani, un sogno importante. La figura alle spalle di Giuseppe Fava, imponente. Forse ci ha un po' intimoriti perché ci sentivamo sulle spalle responsabilità di dare il nostro contributo a quel giornalismo "etico" al di fuori dei confini siciliani; qui, in questa terra nordica distante chilometri, ma che ha sicuramente ristretto fino quasi a far combaciare i perimetri degli affari politici, imprenditoriali, culturali che per moltissimo tempo sono stati considerati caratteristiche peculiari del sud Italia. Invece hanno avuto un eco spropositato in tutto il resto della penisola già da decenni, trovando terreno fertile su quella "area grigia" di inseperienza mista a collusione, una creta plasmabile nelle mani delle organizzazioni criminali che comincia a far vedere i suoi frutti oggi.
Verrebbe da chiedersi cosa c'entri Pippo Fava con Bologna, o meglio, cosa c'entri Catania con Bologna. A parte il fatto che ci teniamo sempre a ribadire che il primo giornalista a parlare di mafia attraverso lo strumento diretto e più afferrabile da parte della popolazione, la televisione, fu proprio un bolognese, Enzo Biagi: nel lontano 1962 con una puntata della sua trasmissione "Rotocalco Televisivo", su Corleone, terra natia dei grandi boss di Cosa Nostra. E lo stesso Biagi ci regalerà l'ultima intervista pubblica a Pippo Fava, quell'agghiacciante e profetica intervista che ci mostra come Fava aveva già capito tutto quello che c'era da capire, e che ancora oggi è attuale. Come prima, più di prima. Ma non è questo forse il punto principale di tutto. Catania e Bologna, la Sicilia e l'Emilia-Romagna, trent'anni fa e oggi, sono indissolubilmente legate dal fatto che hanno rappresentato, le prime ieri, le seconde oggi, pozzi senza fondo di ricchezza per la mafia. L'unica differenza fondamentale, è che se in Sicilia l'egemonia incostrastata era tenuta in mano da Cosa Nostra, oggi giù al Nord, le quattro mafie italiane insieme alle sette mafie straniere, si distribuiscono i settori del guadagno. E se in trenta, quaranta, cinquan'tanni il Sud Italia con fatica, sangue e bombe, è riuscita a produrre anticorpi efficaci, il Nord si trova su molti fronti completamente impreparato per far muso duro contro il  meccanismo complesso delle mafie.
E' a questo punto che entriamo in scena noi: siamo tutti studenti universitari che abbiamo provato a ritagliarci uno spazio all'interno di questa realtà complessa, inserendoci in un solco già segnato da altri, con la nostra semplice voglia di fare. Abbiamo cercato di ascoltare al meglio le domande che ci venivano poste, di raccogliere le sollecitazioni del mondo che ci circonda, per offrire i fatti al lettore, il nostro unico giudice. Le Dieci e Venticinque, non sono un orario scelto a caso: quelle lancette non rappresentano soltanto lo scempio di quel 2 agosto 1980 che ha aperto una ferita insanabile. Quelle lancette rappresentano una ferita ancora aperta, che ancora oggi sanguina, visto che a 33 anni di distanza non si è avuto il coraggio politico di mettere mano dentro quello squarcio che arriva fino al soffitto; o semplicemente non si è avuto il pudore di rispettare i patti, i proclami alle celebrazioni che ricordano la strage, per fornire i risarcimenti ai parenti delle vittime.
Lancette che potrebbero essere benissimo portate avanti, per arrivare alle 20:59, momento in cui un aereo Itavia squarcia il cielo, e precipita sul fondo del mare, a più di 3000 metri. Una verità buia, profonda, che non si vuole accettare, ma nascondere. Lì sotto, in quello stesso mare.
Lancette che simboleggiano una verità negata, un assenza dello Stato inteso in tutte le sue sfaccettature, le troppe inerzie e prigrizie che anche il mondo dell'informazione si trascinano dietro da sempre.
Il presente senza passato, non ha futuro. Quelle lancette provano ad essere una risposta.

In questi due anni noi ci abbiamo provato, a piccoli passi, lettera per lettera, parola per parola.
I nostri mensili, gli articoli, raccontare una Bologna che è Italia e un'Italia che è Bologna.
Una rete antimafia in Emilia-Romagna, questa incredibile ragnatela che ci lega da Piacenza a Rimini, e che ci spinge ancora di più a voler fare, creare, costruire ponti fra noi e altri. Il senso della rete dove ogni singolo non sarebbe niente se non ci fosse l'altro.

Adesso camminiamo, a poco a poco. Le lancette si spostano di minuti e secondi, ma non di anni: le ore 22 del 5 gennaio. Non 1984, ma 2014. Ci ritroviamo lì, nella via con il nome di quel Direttore che abbiamo imparato a conoscere, che ci copre le spalle, ci sta accanto, scruta l'orizzonte. Una linea sempre fissa, un sentiero già percorso, e tanta strada ancora da fare...tra un 5 gennaio e un altro. Pippo Fava c'è, ci siamo noi, la rete c'è. Su quelle lancette, su quell'orologio apparentemente fermo, ma nel quale si sente il rumore degli ingranaggi che ricominciano a muoversi.
Ci vorrà tempo, su questo non c'è dubbio: nonostante siano solo due anni,  abbiamo provato a fare il massimo, nel nostro piccolo...credeteci.

Vogliamo ringraziare i nostri lettori, i nostri tanti amici che hanno reso possibile tutto questo e soprattutto chi ci ha preso per mano, ci ha dato dei consigli e la possibilità di essere I Siciliani giovani qui a Bologna. Un'altra figura, anch'essa imponente, forte e romantica, che continua a lottare tra mille difficoltà, e incarna perfettamente quel "A che serve essere vivi, se non c'è il coraggio di lottare?". Non c'è bisogno di nomi, è solo un grande abbraccio.

Ci rivediamo qui, fra un anno, due, cinque, dieci, per festeggiare ancora. A Catania e a Bologna. 5 gennaio o 2 agosto, cioè tutti i giorni. Noi non ci muoviamo.


"La verità! Non quella che arriva alle pagine dei giornali con le sue gambe, spesso camuffata, distorta, sciancata, truccata dagli interessi di coloro che sorridendo ve la porgono o suggeriscono, ma la verità che il giornalista va a cercare pazientemente dove essa è stata nascosta, e che vi racconta con assoluta sincerità e onestà, quando è il caso con durezza e sempre comunque con la volontà di rendere un servizio essenziale."

(Giuseppe Fava)

venerdì 6 dicembre 2013

Menfi e Cantine Settesoli nel libro di Stella e Rizzo. Un'eccellenza in un sud di occasioni mancate





Nel libro denuncia di Stella & Rizzo, dedicato alle occasioni mancate di sviluppo del meridione d’Italia, spicca l’ultimo capitolo dedicato alle poche eccellenze, tra le quali, la Cooperativa Vitivinicola Siciliana Cantine Settesoli.

Possono essere una carta vincente, i cittadini, se li sai coinvolgere. Basti vedere il caso di Menfi, poco meno di 13.000 abitanti, ai confini occidentali della provincia di Agrigento…. Quasi 3 famiglie su 4, a Menfi, sono socie delle Cantine Settesoli, il più grande produttore di vino della Sicilia. Tra i più grandi d’Italia. Da trent’anni inonda il mondo intero. Esportando 20 milioni di bottiglie in 40 paesi, perfino in Cina…” così inizia a pag. 306 paragrafo dal titolo “Il paese che fa il vino” tratto dal Cap. 18. Voglia di volare – Il Sud che va. E che prosegue, con il Presidente di Cantine Settesoli Vito Varvaro, che spiega uno dei tratti distintivi della Cooperativa, riconoscere il valore dei giovani talenti e applicare sempre una gestione meritocratica.

“È motivo di grande orgoglio per l’intera cooperativa dei 2000 soci di Cantine Settesoli essere citata nel libro “Se il Sud muore” di Gian Antonio Stella & Sergio Rizzo, come esempio del Sud che funziona” – afferma Vito Varvaro, Presidente di Cantine Settesoli, che ha lasciato la Sicilia a 23 anni ed è tornato dopo 30 anni per dare il suo contributo alla crescita della sua terra e che prosegue – “vogliamo essere di esempio per dare speranza alle nuove generazioni e per dimostrare che il Sud può essere vincente. Spero che il caso Settesoli spinga i cervelli andati via a tornare in Sicilia. Da noi le porte sono aperte!”

mercoledì 4 dicembre 2013

Appello ai candidati alle primarie del PD

"È assurdo che per le primarie di un partito i fuorisede possano votare e per le politiche no. E non è un problema solo di noi terroni".



APPELLO AI CANDIDATI ALLE PRIMARIE PD: BASTA INDUGI,
PRESENTATE IN PARLAMENTO IL DDL PER IL VOTO DEI CITTADINI IN MOBILITA’   

L’8 dicembre alle Primarie del PD potranno votare fuori sede tutti i cittadini che ne facciano richiesta. Tuttavia lo stesso non avviene per le elezioni Politiche del nostro Paese: in Italia si stimano oltre 800.000 i cittadini che non riescono ad esprimere il loro voto a causa della lontananza dal luogo di residenza.
Il Comitato IOVOTOFUORISEDE ha elaborato un ddl che permetterebbe con una semplice legge ordinaria di 5 articoli il ritorno alla piena partecipazione democratica di questi 800.000 cittadini.
Esso è stato presentato nella scorsa legislatura come ddl 3054 ed è arrivato in discussione alla Commissione Affari Costituzionali, prima che il governo Monti cadesse in maniera anticipata ed attualmente non è stato ancora ripresentato in Parlamento.
E’ illogico e profondamente contraddittorio che il PD permetta ai giovani studenti e lavoratori precari di votare fuori sede per le sue elezioni interne ( alle ultime Primarie ha votato in questa maniera il 2% dei votanti) , ed invece come partito di governo non faccia nulla per includerli nella vita democratica e non proponga subito un ddl che ponga fine una volta per tutte a questo inaccettabile stato di cose.
In tutti gli altri Paesi Europei il problema di partecipazione democratica generato da una società sempre più mobile è stato risolto da tempo con opportune soluzioni legislative: non possiamo permetterci di arrivare alle elezioni Europee senza una legge che garantisca anche ai cittadini italiani in mobilità il pieno diritto di voto.
Il Comitato IOVOTOFUORISEDE chiede perciò ai candidati alle Primarie del PD ed ai deputati che li appoggiano di dimostrare nei fatti l’attenzione per i giovani e per la richiesta di partecipazione che viene da essi, presentando unitariamente  in Parlamento il DDL 3054 (vedi) ed approvandolo nel più breve tempo possibile.


Per ulteriori informazioni,

COMUNICATO STAMPA COMITATO IOVOTOFUORISEDE