"La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico.
La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare".
Piero Calamandrei

mercoledì 18 gennaio 2012

I Vespri formato 2000


Martino Morsello, Giuseppe Scarlata, e Mariano Ferro. Tutti e tre siciliani, tutti e tre con recenti “esperienze politiche”. Poi ci sono Richichi e Salvatore Bella. Sono loro che stanno guidando in queste ore il “movimento dei forconi”.
Giuseppe Scarlata: ”Qui siamo apolitici. Qualche anno fa il nemico numero era la mafia, ora il nemico è lo Stato, che opprime i cittadini”. Per “Stato” s’intende la regione Sicilia: ”Noi aspettiamo le decisioni di Lombardo, perché noi del governo nazionale ce ne infischiamo”.

Dopo Forza Nuova oggi è arrivata la Lega “a rompere i sacchetti”. Ho sentito addirittura dei ringraziamenti alla Padania. Ma effettivamente non c’entra niente, questa è un’altra storia.
Sono i  “Vespri formato 2000”, peccato però che le analogie sono inesistenti. Tranne, forse, per l’agitarsi sullo sfondo di ombre misteriose e dagli obiettivi nient’affatto chiari.
Questo “movimento dei forconi” è composto da quella stessa maggioranza che ha eletto l’assemblea regionale contro la quale protesta.

Questa è un’isola paradossale e le sue proteste lo sono altrettanto.
Ma comunque non facciamo i qualunquisti, non parliamo di chi c’è dietro a questo movimento, del Mpa, di Forza Nuova. Forse non deve neanche interessarci.

“La classe politica non ci ha mai dato niente, questa classe dirigente della Regione e del Comune di “tutti chiddi chi sunnu politici” se ne vadano a casa. Tutti a casa devono andare. Vogliamo lavoro, noi i nostri diritti li vogliamo pagare. Se avevamo i soldi in tasca per pagare le tasse, se avevamo lavoro, noi non c’eravamo qua, siamo qua grazie a loro”. “U pitittu fici nèsciri la serpi di la tana”.
Questa è una delle tante dichiarazioni rilasciati dagli “animatori” del “movimento dei forconi”.

La mia Sicilia ha tonnellate di ragioni per protestare, per scendere in piazza,  ne ha sempre avute.
Vero è che se ognuno di noi avesse fatto qualcosa ieri, oggi non ci saremmo ritrovati in questa situazione.
Le pratiche clientelari hanno avuto sempre la meglio su tutto, abbiamo venduto i nostri diritti e non ce ne siamo nemmeno accorti. E quando qualcuno ha lottato per questo lo si è lasciato solo (la lista dei nomi da fare è lunga), lo si è lasciato morire solo o lo si è lasciato emigrare, solo.

Sento sempre mille proclami contro la mafia, la mafia di qua, la mafia di là.
Ma nel nostro piccolo cosa abbiamo fatto? Non abbiamo mai fatto una scelta di campo.
Abbiamo sempre deciso di non decidere, di non vedere, di essere indifferenti, di accontentarci.
Ci siamo sempre occupati di curarci il nostro giardino e mai quello del vicino.

Io non mi ricordo tutti questi siciliani in piazza per i vari e sacrosanti scioperi generali, non me li ricordo mentre in Parlamento si votavano tutte quelle leggi “porcata”, non me li ricordo quando è stata approvata la Riforma Gelmini, non me li ricordo l’ultima volta che sono andati a votare per un partito diverso dall’Udc, dall’Mpa o dal Pdl. Si dice che la classe politica siciliana non sia all’altezza dei siciliani.
Questo è vero, è pure vero che questa classe politica ce la siamo scelti noi.
Non facciamo altro che lamentarci ed adesso che le cose non vanno più bene, che manca il terreno da sotto i piedi iniziamo a preoccuparci?

Quel Vittimismo di Verga torna più impietoso che mai.
La verità sta nelle parole di Giovanni Falcone:

"Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così.
Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare,
ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare
". 

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