"La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico.
La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare".
Piero Calamandrei

domenica 29 aprile 2012

Esiste l’antimafia? Solo quando fa comodo



da Dieci e Venticinque
Le persone si giudicano in base alle loro amicizie. L’etica ed il valore in particolar modo.
Chi ne ha di buone, chi di cattive, chi di entrambe. Specialmente in politica.
Sono i dettagli, quando occorrono, a far la differenza e quando si cita chi ha dato la vita per questo paese e la mafia l’ha lottata seriamente bisognerebbe sciacquarsi la bocca prima di aprirla. Bisognerebbe non accostarla nemmeno a chi  l’etica l’ha letta solo sul vocabolario.
E’ quello che sta accadendo in Sicilia dove un allievo di Paolo Borsellino, oggi componente di una Giunta regionale (di cui fa anche parte l’Assessore Chinnici, figlia di Rocco Chinnici,  padre del Pool antimafia) presieduta da un Governatore accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, fa campagna elettorale insieme allo stessoLombardo ed al Sen. D’Alì su cui pende una richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, che, secondo i Pm è legato al boss Messina Denaro.
Ma non è certo l’unico caso. Beppe Lumia, Senatore del Pd e Presidente della Commissione parlamentare antimafia, è diventato il fan numero uno dello stesso Lombardo. Si sa, in politica spesso è doveroso dividere i pasti con gli altri commensali, soprattutto se hanno la stessa tessera di partito in tasca, come il Sen.Vladimiro Crisafulli per dirne uno, quello del bacio al boss Raffaele Bevilacqua per intenderci.
E’ facile andare alle manifestazioni antimafia e farsi belli e poi uccidere più e più volte in un sol giorno persone grazie alle quali si è fatto fare carriera.
Giusto nei giorni scorsi si è tenuto un dibattito sulla vicenda giudiziaria (personale) del Presidente della Regione Sicilia. Mica una novità questa.
In questi giorni invece, probabilmente domani, dagli stessi banchi verrà ricordato Pio La Torre, dirigente del Pci trucidato dal piombo mafioso, insieme a Rosario Di Salvo, la mattina del 30 aprile del 1982, esattamente trent’anni fa.
Dirigente di quel Pci che oggi si chiama Pd.
E per Telejato? Nemmeno una parola spesa. Il beauty contest cancellerà quella tv scomoda a troppi.
E quell’ “antimafia” che si faceva fotografare con lui quando faceva comodo, oggi siede tra i banchi di una maggioranza presieduta da un accusato per mafia.
Commemorate pure Pio La Torre, uccidetelo ancora un'altra volta. Tra quei banchi e sui vostri siti personali potete farlo, ed il primo maggio commemorate il lavoro, i sindacalisti uccisi dalle mafia e ricordate pure Portella della Ginestra ma non azzardatevi a venire a Cinisi il 9 maggio come ai vecchi tempi per ricordare Peppino.
Quest’anno non ci saranno né le foto, né gli applausi. E poi lo sappiamo tutti ormai che il prossimo 9 maggio avrete ben altro a cui pensare. Sarete con la testa in quell’aula di tribunale dove si deciderà il rinvio a giudizio per Raffaele Lombardo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. 

mercoledì 25 aprile 2012

Vittime senza verità


Vittime senza giustizia. E’ quello che succede in Italia. E’ quello che succede quando scarseggia la verità, in diversi delitti, di mafia e di Stato. Peggio ancora quando tutto questo è avvolto da inciuci, depistaggi ed insabbiamento della verità.
Dal G8 di Genova a Piazza Fontana. Dal caso Cucchi a Via D’Amelio. Dal caso Agostino passando al suicido-omicidio Manca e finendo al caso Parmaliana, dove oltre ai forti depistaggi, tentatavi più o meno goffi di mistificare la realtà manca anche l’informazione.
Storie tutte italiane dove lo Stato, quello che dove non riesce a proteggere le vittime, dovrebbe almeno sostenere i familiari, non lasciarli soli e garantirgli la verità, spiegargli il perché della fine dei loro cari e garantirgli almeno un po’ di giustizia.
Oltre il danno la beffa. E’ quello che spesso accade. E poi le critiche, l’isolamento e ed una lotta per una verità che spesso non arriva. Una lenta agonia che si trasforma in impegno civile, persone normali a cui viene sconvolta la vita e che non possono tirarsi indietro.

Così, magari, dopo otto anni arrivano conferme, seppur indirette, sulla morte di Attilio Manca. Non un suicidio ma un omicidio secondo le deduzioni dei RIS, cosa sostenuta da sempre dalla famiglia dell’urologo barcellonese, ucciso probabilmente per coprire collegamenti con, l’allora latitante, Bernardo Provenzano.
Oppure dopo 23 anni spuntano dei dubbi su uno zio di famiglia legato al boss Giovanni Brusca: parlo del caso Agostino, agente del SISDE che probabilmente sventò il famoso attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone e che venne freddato insieme alla moglie insieme alla moglie in stato interessante, 49 giorni dopo il fatto dell’Addaura.
Storie che non lasciano tracce, storie che si ripetono. Storie tutte italiane.