Pochi giorni fa, durante un'interessante evento organizzato nella mia Menfi, ho sentito qualcuno dire che "i giovani di oggi non sanno divertirsi e che non hanno più valori". E tutti giù ad applaudire (devo dire che la platea era abbondantemente over 50), io sono andato via poco dopo cercando di trovare una motivazione a quelle parole. Ho pensato alla Consulta Giovanile del Comune di Menfi che in pochissimi mesi è stata in grado di organizzare, con risorse limitatissime e non senza problemi, dibattiti politici, eventi culturali e si, anche momenti di divertimento. Poi, per fortuna mi sono tornate in mente le parole di Fabrizio De Andrè, pronunciate durante lo storico concerto al Tetro Brancaccio di Roma. Le ripropongo qui,
"Non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l’errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c’erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo: vedo che c’è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d’oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri. Tutto questo per dire che io non ho nessuna verità assoluta in cui credere, che non ho nessuna certezza in tasca e quindi non la posso neanche regalare a nessuno".
Pensando al paese che ci hanno lasciato quelli che continuano a voler impartire lezioni e insegnamenti, beh, forse è proprio per questi motivi che molti "giovani" sono andati via da questo nostro paese. E qualcuno dovrebbe pensarci un po' di più (vedi alla voce Poletti) prima sparare sentenze ad minchiam.
E allora auguri a noi, e alla generazione di chi non si ferma ad aspettare ma che va avanti con il sorriso e con un po' di sano ottimismo verso il futuro, anche quando sembra tutto buio.
Lasciamolo così, "a muso duro", questo 2016, così come saremo pronti per affrontare il nuovo anno che verrà. Buon 2017, e che sia una buona annata!
"Carissimi, non obbedirei al mio dovere se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati". Eccoli gli auguri di don Tonino Bello che condivido e che ripropongo qui. E' stato un anno importante per me, di cambiamenti, di affermazioni e di speranze. E non ho nessuna voglia di "prenderci" in giro.
Tanti auguri scomodi, allora, amici e cari lettori di questo blog.
"C’era bisogno di un ulteriore libro su don Pino Puglisi, il prete palermitano assassinato da mano mafiosa il 15 settembre del 1993 ? Per alcuni versi, no. Nei venti e più anni dalla sua morte è stata prodotta una letteratura monografica copiosissima, senza contare gli studi sul rapporto fra mafie e chiese cristiane che hanno richiamato a vario titolo, e con diverso spazio, la vicenda del parroco del quartiere Brancaccio. E poi lungometraggi, documentari, servizi giornalistici…
In questo libro (R. Cascio – S. Ognibene, Il primo martire di mafia. L’eredità di Padre Pino Puglisi, Dehoniane, Bologna 2016, pp. 235, euro 18,00) , per altro, gli autori hanno avuto qualcosa da aggiungere a quanto sinora scritto, se non altro perché vogliono fare il punto sulla situazione nel quartiere Brancaccio – e nella chiesa cattolica di Palermo – a quasi un quarto di secolo dal martirio di don Puglisi: e, con l’aiuto di interviste a testimoni autorevoli, lo fanno con piglio critico (senza astio per nessuno ma senza neppure tacere su contraddizioni vere o apparenti). A beneficio di chi, forse per l’età forse per altre ragioni, si accosta per la prima volta a questi racconti, poi, gli autori inseriscono la storia di don Puglisi all’interno della più ampia – e più lunga – storia dei rapporti ormai secolari fra organizzazioni criminali e comunità cattoliche". Grazie ad Augusto Cavadi perchè con la solità onesta si pone le giuste domande. Qui trovate un po' di rassegna stampa, se ne avete voglia.
E tra le tante recensioni del libro (da La Repubblica ad ANSA, a firme preziose come quelle di Giulio Cavalli e Paola Bisconti), segnalo questo speciale del TG3 Sicilia
"Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. Il suo compito è additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto, essere molesto"
E' sempre una gioia quando nasce un giornale. Lo è ancor di più quando in prima fila ci sono giornalisti seri, attenti e che conoscono come pochi il territorio. Buona informazione, auguri!
Frutto della collaborazione di oltre 10 associazioni del territorio emiliano-romagnolo, il sito mappa, col supporto di GoogleMaps, oltre 240 fatti di criminalità comune ed organizzata in regione.
Suggeriti da appositi segnalatori, realizzati da GianLorenzo Ingrami e Claudia Casamenti, sulla pagina web saranno indicati: omicidi, estorsioni, roghi dolosi, comuni sciolti per mafia, sorvegliati speciali, obblighi di dimora, operazioni di polizia, processi in corso, aziende escluse dalla white list per i lavori pubblici, beni confiscati alle mafie. Il portale inoltre raccoglie quasi 20 anni di rassegna stampa sul tema, ed in apposite sezioni mette a disposizione i dossier e gli approfondimenti elaborati nel corso degli ultimi anni ed utili alla comprensione del fenomeno mafioso in Emilia-Romagna.
Se hai notizie che non sono presenti sulla mappa, compila il form e segnalale, oppure scrivi all’indirizzo mafiesottocasa@gmail.com.
Aula
Magna di San Sigismondo, via San Sigismondo 7, Bologna
L’eredità
di padre Pino Puglisi
On.
Giancarla Codrignani, politologa
Prof.
Antonello De Oto, docente di Diritto delle Religioni
Saranno
presenti gli autori del libro Rosaria Cascio e Salvo Ognibene Nel libro è presente un capitolo intitolato: “Il caso “Emilia” e le buone pratiche di pedagogia civile contro le mafie” e vi è anche un paragrafo dedicato alla Chiesa di Bologna e al suo arcivescovo mons. Zuppi. Alla presentazione prenderanno parte, oltre ai due autori, il Prof. Antonello De Oto, docente di Diritto delle Religioni. Introduce e coordina la politologa Giancarla Codrignani. L’evento è organizzato dalla Residenza Universitaria San Sigismondo con la collaborazione del Centro San Domenico
"Il primo martire di mafia. L’eredità di padre Pino Puglisi" dopo essere stato tra i 10 libri più letti e venduti nelle librerie cattoliche italiane durante il mese di settembre è già in ristampa. Grazie ai lettori che lo hanno giá acquistato e a quelli che lo acquisteranno, ai giornalisti che si sono interessati, ai librai che lo stanno promuovendo e a chi ci ha invitato per parlare dell'ereditá di Padre Pino Puglisi. Ci vediamo in giro per l'Italia!
Al Presidio organizzato da Libera a Corsico in sostegno dell'ex-sindaca Maria Ferrucci minacciata di morte in Consiglio Comunale Nando dalla Chiesa si scaglia contro gli uomini della 'ndrangheta, che identificandosi come "calabresi" sono i veri razzisti che rovinano la reputazione di questa bellissima terra; sono loro la vera maledizione del destino della Calabria, ma l'Italia sta cambiando e non ci saranno più le Corsico, le Buccinasco, le Cesano Boscone, le Trezzano del Naviglio di una volta nelle mani degli uomini dei bunker.
KAOS, il festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana che mantiene la sua forma itinerante e quest’anno verrà ospitato a Racalmuto il 28, 29 e 30 ottobre 2016. Le attività della manifestazione saranno legate anche all’impegno civile dello scrittore e saggista Leonardo Sciascia, che a Racalmuto è nato e vissuto.
Doppia presentazione a Palermo per il libro scritto insieme a Rosaria Cascio. Ci vediamo il pomeriggio del 26, alle 18, Libreria Paoline. Poi, la mattina seguente, saremo all'istituto Regina Margherita. Illuminare la speranza
Rosaria Cascio e Salvo Ognibene, Il primo martire
di mafia. L’eredità di padre Pino Puglisi, Edizioni Dehoniane, Bologna 2016
Intervengono: gli autori Rosaria Cascio e Salvo Ognibene
suor Fernanda Di Monte, giornalista e responsabile eventi della libreria Paoline
Annamaria Picozzi, sostituto procuratore della Direzione Dirstrettuale Antimafia di Palermo p. Pierluigi Cabri, direttore delle EDB.
GIOVEDì, 27 OTTOBRE
Dalle 9 alle 11 all'Istituto Regina Margherita. Aprirà l’incontro la Preside Pia Blandano e presenterà gli autori la prof.ssa Pina Catalanotto
L'evento si svolgerà nell’ambito delle attività culturali legate all’iniziativa Libriamociascuola
Che bella questa notizia. E quanti sorrisi quando ho saputo dell'intenzione di Rosario e della casa editrice "Marotta&Cafiero" di ridare vita a quella casa editrice di Licchia, "Coppola Editore". Anima siculo campana con sede a Scampia, adesso, ma nata nel 1984.
Il logo ufficiale è una pulcinella di mare, con il becco con i colori della bandiera siciliana. Un logo che unisce Scampia a Trapani grazie ad un editore che qualche anno fa aveva regalò a Rosario Esposito La Rossa e ai suoi amici una macchina per stampare i pizzini della legalità.
Il sogno di Licchia non è morto e sono felice di essere stato coinvolto in questa avventura. I libri regalano sempre qualcosa di bello, anche gli incontri. E chi ha conosciuto Salvatore sa quanto tutto questo sia importante, anche per me.
A proposito, mi scrive Rosario: "stiamo iniziando i lavori nella nostra nuova sede che abbiamo ribattezzato "La Scugnizzeria" un luogo dove partiranno presto una scuola teatrale, un doposcuola, corsi di editoria, le due nostre case editrici e una bottega coi prodotti di Libera. Uno spazio che abbiamo acquistato con grandi sacrifici. Per fare tutto questo stiamo recuperando fondi attraverso le nostre scatole natalizie Made in Scampia. Quest'anno la scatola costa di meno, solo 10 euro e contiene: 1 libro, 1 cd musicale, 1 barattolo di miele, 1 film e 25 ebook. Causa lavori in sede non riusciremo a partire e fare il nostro solito giro d'Italia. Per questo stiamo contattando i nostri migliori amici con la speranza che ci possano aiutare nei loro territori a recuperare fondi. Per noi ogni scatola è un mattone per questo progetto davvero importante. Stiamo contattando tutti con larghissimo anticipo per provare a vendere un po' di scatole e ristrutturare bagni e aula studio.
Spero tu voglia essere dei nostri, aiutarci insieme al tuo gruppo, come hai sempre fatto, in questo nostro ennesimo sogno". Tutte le altre informazioni qui oppure scrivere a madeinscampiastore@gmail.com o chiamare 3283842929
Nuovo esordio, nuova avventura, stessa passione.
Sabato sarà la duecentesima partita in un campionato regionale e l'occasione è data dall'esordio (leggi qui) nella nuova disciplina calcistica che ho scelto. Infatti, abbandonando dopo diverse e bellissime stagioni il Calcio a 11 ho deciso di passare a Calcio a 5. Continuerò a divertirmi e a godermi tutte le cose belle che questa associazione nel corso degli anni sta continuando a regalarmi.
Ah! Il corso arbitri inizierà a breve... (qui potete vedere il servizio de "Le Iene", un servizio, ampio e importante, sul mondo arbitrale italiano, che affronta tematiche sia del contesto professionistico sia di quello dei dilettanti). Sotto invece lo spot per il corso arbitri che sta spopolando in Spagna...
Quasi tutti quelli che parlano di calcio hanno giocato a calcio almeno una volta nella vita. Quasi tutti quelli che parlano di arbitri non hanno mai arbitrato una partita nella loro vita
Il libro, a cura del Prof. Antonello De Oto e con la prefazione di Vito Tisci, contiene al suo interno anche un mio capitolo su "Sport ed etnia. Le politiche di non discriminazione per motivi razziali".
L’Associazione Italiana Arbitri, come ha sempre dimostrato, ha sempre sostenuto le politiche di integrazione (nel libro si racconta anche un caso che ha coinvolto direttamente l’associazione) e si è sempre schierata contro le discriminazioni e il razzismo.
Il
volume affronta dal punto di vista socio-giuridico il tema del valore dell’identità
nello sport e dell’importanza di praticare attività sportive al fine di
tutelare la differenza e sviluppare la capacità di conoscersi e stare insieme.
La
lotta alla discriminazione nel mondo dell’associazionismo ludico, rappresenta
una frontiera necessaria in una società che tende a volte a ghettizzare e
dividersi. Lo sport, grande educatore e veicolo di valori positivi, è la nuova
necessaria frontiera della tutela dell’interculturalità in una societas sempre
più multietnica, multietica e multireligiosa.
Questa
opera collettanea si avvale del contributo di giuristi che da diverse angoli di
osservazione hanno saputo ricostruire la complessa tematica in oggetto: docenti
universitari, avvocati, saggisti e giudici federali, hanno ricomposto quel
mosaico di problematiche che le dinamiche della “glocalizzazione” portano sul
tavolo della modernità, offrendo così al lettore, un quadro aggiornato delle novità
e delle soluzioni poste in campo da chi è deputato a pensare e concretamente
attuare politiche di contrasto a tutte le condotte devianti e discriminatorie
nell’alveo della sana pratica sportiva.
Antonello
De Oto è Professore Associato di Diritto Ecclesiastico italiano e comparato e
Diritto delle religioni presso le Scuole di Giurisprudenza e di Scienze politiche
dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. Autore di diverse monografie,
curatele e saggi su riviste italiane e straniere, è responsabile studi e ricerche
FIGC Settore Giovanile e Scolastico dell’Emilia-Romagna.
Interventi
di: Antonello De Oto, Pasquale Caviano, Giuseppe Paccione, Maria Cristina
Ivaldi, Nicola Fiorita, Massimo Giuseppe Adamo, Francesca Mollo, Salvo Ognibene.
Prefazione
di Vito Tisci (Presidente Federazione Giuoco Calcio Italiana - Settore Giovanile
e Scolastico)
"Il primo martire di mafia. L’eredità di padre Pino Puglisi" ha iniziato il suo viaggio e con Rosaria Cascio siamo molto contenti di questo inizio... Certo, non può rallegrarci il fatto che i rapporti tra mafia e chiesa permangano ambigui; se da un lato c'è chi, come don Luigi Ciotti e gli altri che hanno firmato la carta di Fondi, continuano a spingere verso una chiesa in uscita, dall'altro, continuano ad accadere eventi spiacevoli (vedi quanto accaduto ad Altavilla e Nicotera), oltre alle recenti dichiarazioni infelici di qualche vescovo. Fortuna che in altre parti d'Italia le cose vadano diversamente e che Papa Francesco continui a tracciare la strada di una Chiesa più vicina al Vangelo e lontana da nefandezze e di una storia che non le appartiene (qui, proprio l'altro giorno)
Ci vediamo giovedì a Palermo per la presentazione del libro di don Giacomo Ribaudo
con le illustrazioni fotografiche di Elisa Martorana (qui l'evento su Facebook)
Ci vediamo domani in diretta su RMC 101 (qui) alle 14:20 e mi raccomando, giovedì, alla festa con 3P (qui). Ci saranno, tra gli altri, Roberto Lipari, Salvo Piparo e Moni Ovadia.
Vi ricordo che il libro lo potete acquistare in libreria e sui negozi online ovviamente, sul sito della casa editrice (qui) o contattarmi qui ognibene.salvatore@libero.it (vi manderò il libro direttamente a casa, con i miei ringraziamenti ovviamente).
Giovedì sarà un giorno importante per ricordare Padre Pino Puglisi e mi piace farlo con questo video di Ficarra e Picone
“Si scrive soltanto metà
del libro, dell’altra metà si deve occupare il lettore”
La prima delle quasi cento presentazioni de “L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti” l’ho fatta a Palermo, insieme all’editore, Ottavio Navarra, ed alla stessa Rosaria Cascio che di quel libro aveva firmato la postfazione pur senza conoscermi.
A distanza di quasi due anni ora mi ritrovo qui, insieme a lei, a lanciare un libro sull’eredità di Padre Pino Puglisi, scritto a quattro mani e pubblicato per le Edizioni Dehoniane, casa editrice cattolica che, nata subito dopo il Concilio Vaticano II, conta oggi più di 3.000 pubblicazioni e tante firme illustri.
Questo lavoro, trova nella prefazione di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, una sorta di spinta ad essere coerenti perché ciò che viene ereditato va meritato e custodito. Anche e soprattutto in questo caso.
Il libro lo potete acquistare in libreria e su negozi online ovviamente, sul sito della casa editrice (qui) o contattarmi direttamente qui ognibene.salvatore@libero.it (vi manderò il libro direttamente a casa, con i miei ringraziamenti ovviamente)
Cos’è cambiato dopo la morte di padre Pino Puglisi, ucciso a Palermo da Cosa nostra il 15 settembre 1993 per il suo impegno evangelico e sociale? Il primo martire della Chiesa morto per mano della mafia, proclamato beato nel 2013, ha lasciato una sfida da raccogliere: l’elaborazione di una pastorale più vicina agli ultimi e capace di fronteggiare i fenomeni mafiosi, soprattutto quelli di natura culturale. Ecco la quarta di copertina del nuovo libro, che arriverà nelle librerie, entro la prima decade di settembre, scritto a quattro mani con Rosaria Cascio, insegnante e diretta testimone dell'opera di padre Pino Puglisi con il quale ha instaurato un rapporto di amicizia terminato solo con l’uccisione del sacerdote.
L'Istituzione Culturale "Federico II" di Menfi, in collaborazione con la Scuola HOLDEN (fondata da Alessandro Baricco che è anche il preside) 'Storytelling & Performing Arts' dopo aver selezionato 25 partecipanti ha dato vita al laboratorio di scrittura gratuito "Scrivere un racconto" che si è tenuto a Menfi dal 22 al 24 maggio 2015. Vi ricordate? Ne avevamo parlato qui
A distanza di un anno, l'Istituzione Culturale "Federico II" ha deciso di pubblicare i racconti (si, c'è anche il mio) e di proporre una seconda edizione del laboratorio di scrittura. Insomma, belle cose.
Chi volesse una copia della raccolta dei racconti può scrivere a istruzione@comune.menfi.ag.it
Ah! A proposito di Menfi...La Consulta Giovanile vi invita ad un incontro organizzato dal Comune di Menfi che si terrà venerdì 2 settembre alle 17:30 a Casa Planeta per analisi, valutazioni e prospettive relative all'organizzazione e alla logistica del Ferragosto appena passato e per quello che sarà nel 2017.
L’analisi di Rosario Giuè nel suo ultimo libro appare lucida e spietata. Nessuno sconto alla storia e al comportamento dei vescovi italiani nei confronti delle mafie. In “vescovi e potere mafioso”, si evidenzia la scarsa attenzione manifestata dalla conferenza episcopale italiana nei confronti del fenomeno mafioso, a differenza della forza e dell’intensità programmatica e mediatica, usata nei confronti di altre questioni che hanno coinvolto la società italiana. Dalla legge sull’aborto, al referendum sulla procreazione assistita fino a giungere negli ultimi tempi, a un tentativo di influenza improprio nel dibattito sulle unioni civili, piuttosto che sulla strumentazione “gender”.
L’autore, ex sacerdote, sembra parlare più da cristiano deluso e speranzoso che da persona che conosce bene l’ambiente ecclesiastico. Del resto, lo stesso, nel corso dei suoi anni da parroco a Brancaccio non ha certo fatto mancare la sua forza e le sue idee per una ricristianizzazione del territorio in cui operava, e anche dopo ha sempre cercato di far valere il suo contributo in diversi modi. Anche nei suoi ultimi libri, (qui per esempio), ha affrontato con schiettezza il comportamento della chiesa, fornendo esempi e progetti possibili per una liberazione dalle mafie.
Leggendo il libro di Giuè, emerge un’incredibile distanza dell’episcopato nazionale dal tema delle mafie. A differenza delle singole diocesi che, soprattutto negli ultimi tempi hanno prestato più attenzione. Nessun j’accuse ma un’attenta analisi che se non chiede delle risposte, sicuramente auspica una maggiore attenzione di fronte ai poteri maligni che operano nella società. E le mafie, sotto ogni sfaccettatura, sono le prime tra queste. Nemmeno durante le stragi di Capaci e Via d’Amelio i vescovi citano quei terribili avvenimenti. E quando parlano delle organizzazioni criminali lo fanno sempre in modo assai generico. Lo fanno però, nei documenti dopo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro e dopo il terribile incidente ferroviario di Crevalcore nel 2005.
Francesco ha scelto l’ultimo segretario della CEI da una chiesa di periferia della Calabria. La stessa dov’era vescovo e dove il pontefice venuto dalla fine del mondo ha pronunciato la famosa scomunica ai mafiosi. E tutto questo fa ben sperare, nella consapevolezza di quanto si potrebbe fare, consapevoli di sapere che il tempo delle denunzie è passato, quello del vero contrasto deve ancora arrivare.
Siamo in pieno centro storico a Palermo, giri l’angolo, proprio dietro via Roma, ed ecco un libreria. Più di 40.000 volumi e tra questi si trova davvero di tutto. Non mancano i pezzi rari e perfino gli elenchi telefonici.
L’inventore si chiama Pietro Tramonte, ragioniere in pensione, e la sua libreria itinerante si trova in piazza Monte di Santa Rosalia 18. E’ tutto davvero singolare, quasi magico. Un posto dove il prezzo spesso lo fa il lettore, dove è stato ripristinato il baratto, dove i libri si regalano in cambio di un like sulla pagina facebook (qui) o si offrono gratuitamente in lettura
La libreria itinerante la trovate a Palermo in Piazza Monte S.Rosalia,18/19 (angolo Via Gagini,64) e qui su Facebook, ovviamente
Possono
esistere ancora oggi luoghi nel nostro paese dove si fa fatica a parlare di
mafia? Sono luoghi dove si fatica ancor di più a pronunciare i nomi e i cognomi
di quei quaquaraquà che prima o poi finiranno sotto la
lente di ingrandimento di investigatori e giornalisti. È questo quello che
avviene qui, nella meravigliosa valle del Belice. Se ne parla a bassa voce,
cercando di non capire mai troppo e a volte solo per il gusto di far gossip
scoprendosi conoscenze, amicizie e parentele chiacchierate o sotto i riflettori
del momento. Quanta tristezza.
Come
se non ci riguardasse.
Ci
siamo abituati anche a questo, come se fosse sempre la prima volta.
Per
fortuna, non è mai stata un’abitudine per alcuni. Gli stessi che se non sono
stati “costretti” ad andar via, rimangono e lottano. E lo fanno a voce alta
nella consapevolezza di sapere che mentre qualcuno fa finta di non sentire, altri
tacitamente giocano a conviverci. Qui, come altrove, la mafia è assai cambiata
e si è, in parte, anche abituata alle manifestazioni e agli eventi (mai troppo partecipati)
che la riguardano, spesso assistendo in religioso silenzio.
Vi
potrei raccontare tante storie di questo Belice meraviglioso e allo stesso
tempo martoriato. Lo stesso dove nelle ultime settimane le sirene delle forze
di polizia e il rumore degli elicotteri (qui) hanno svegliato intere cittadine e
stuprato la notte di molti cittadini onesti. Da Menfi a Santa Margherita. Poi
si è ripreso il sonno e si è tornati alla solita routine. Come sempre. Come se
non fosse successo nulla. Come proprio Tomasi di Lampedusa, che a Santa Margherita passava lunghi periodi di vacanza, ci racconta ne “Il
Gattopardo”.
Più
avanti proveremo ad approfondire anche questo e vedremo nel dettaglio quello
che sta accadendo in un territorio tanto grande quanto, per certi versi,
indisturbato. Proprio a due passi da casa di Matteo Messina Denaro.
Tutto
questo da sei anni a questa parte ce lo ricordano gli organizzatori del premio “L’alba della Legalità”. Ed è a loro che va il grazie più grande perché, purtroppo, le
illegalitá non tramontano da queste parti e dobbiamo ricordarcelo ogni mattina,
riscoprendo la bellezza dell’alba e la consapevolezza di una sveglia attenta
che ci ricorda di avere una giornata davanti per affermare, con la forza di
idee sane, la dignità che qualcuno, piano piano, vorrebbe toglierci.
L’evento,
“L’alba della Legalità”, si svolgerà a Santa Margherita in piazza Matteotti il
prossimo il 31 luglio alle ore 21. E se penso alla scorsa edizione arrossisco ancora (qui)
Quest’anno
i riconoscimenti "Gattopardo della legalità" saranno consegnati a:
- Dott. Andrea TARONDO, Magistrato - Sostituto Procuratore di Trapani
-
Dott. Gregory BONGIORNO, Presidente di Confindustria Trapani che denunciando
una richiesta di pizzo da 60000 euro fa arrestare tre presunti mafiosi del suo
paese, Castellammare del Golfo;
-
GUARDIA COSTIERA per la costante presenza nel Mediterraneo e per i soccorsi
dati agli extracomunitari
-
Prof. Girolamo LO VERSO, professore ordinario di Psicologia clinica presso l’Università
di Palermo, gruppo analista, sul tema della mafia ha già pubblicato lavori che
entrano nel mondo dello psichismo mafioso spiegando il fenomeno “mafia” da un
punto di vista antropo-psichico
-
Saverio MASI, Caposcorta del PM Nino DI MATTEO
-
Gero TEDESCO, redattore del “Giornale di Sicilia” e direttore della rivista
indipendente “Fuori Riga”.
"C'è la Chiesa che è Chiesa e quella che non lo é" si potrebbe brevemente sintetizzare così il lungo corso della Chiesa cattolica e il cambio di passo voluto da Papa Francesco per indirizzarla verso il futuro. Tra i giovani parroci e alcune nomine ecclesiastiche recenti si respira una bella aria, quella che non ha paura del futuro e che lo affronta con sincerità e con il Vangelo come guida.
Parte di questa Chiesa ha capito gli errori fatti in relazione al fenomeno mafioso e alle occasioni mancate nel contrasto alle mafie; per questo è giusto lanciare nuove sfide e chiedere di indicare nuovi percorsi per affrontare al meglio la realtà senza far mancare l'appoggio e il contributo di quello che è Chiesa per davvero. E sempre per questo si propongono, qui di seguito, delle idee da inviare alle singole diocesi convinti che, se adottate, potrebbero davvero influire sulla realtà locale in piena sintonia con le volontà di Papa Francesco.
La riflessione nasce in seguito ai tanti incontri avuti con le comunità cattoliche e con molti parroci durante le presentazioni del mio libro sui rapporti tra mafia e Chiesa e riflettendo sul pensiero e sulle testimonianze di uomini e donne di Chiesa. Al termine di una lunga chiacchierata, un giovane parroco, spiazzandomi, mi chiese: se dovessi parlare con il Vescovo, cosa potrei proporgli?
Ecco, occorre porsi continuamente domande. Occorre trasparenza assoluta e indicazioni ferme da offrire alle comunità parrocchiali e alle loro guide.
1. Inserire dei corsi sulla storia e sulla natura delle organizzazioni criminali all'interno delle facoltà teologiche e delle università gestiste da operatori religiosi
2. Formare i seminaristi offrendo loro opportunità di studio e di incontro volti ad approfondire il fenomeno mafioso e le sue diverse sfaccettature
3. Organizzare dei veri e propri corsi sui rapporti tra mafia e chiesa chiarendo come e dove la chiesa può intervenire per contrastare le organizzazioni criminali di stampo mafioso
4. Modificare il diritto canonico novellando con prese di posizione e linee guida sui comportamenti che la Chiesa locale deve tenere ogni qualvolta se ne presenti la necessità
5. Istituire una commissione di studio per analizzare il territorio sotto il controllo della diocesi e offrire indicazioni mirate
6. Adottare dei decreti da applicare sul territorio diocesano sugli esempi già forniti dalle diocesi di Monreale (escludere i mafiosi dalle confraternite), Acireale (divieto di celebrare le esequie ecclesiastiche per i condannati con sentenza definitiva per reati di mafia) e di Mileto- Nicotera-Tropea (regolamento diocesano per le processioni che, oltre a trasmettere un alto valore simbolico, offre spunti e indicazioni importanti sotto il profilo teologico, liturgico e antropologico, disponendo anche in modo rigoroso la scelta dei portatori e le modalità delle processioni nel territorio della diocesi)
7. Applicare nelle realtà locali le indicazioni fornite dalla conferenza episcopale calabrese nei documenti Testimoniare il Vangelo – Nota Pastorale sulla ‘ndrangheta (giorno di Natale del 2014) e Per una Nuova Evangelizzazione della pietà popolare – Orientamenti pastorali per le Chiese di Calabria (30 giugno 2015)
8. Occorre applicare le regole europee di controllo qualità nelle procedure amministrative e certificare i bilanci economici delle Diocesi e delle Parrocchie
9. Istruire e intensificare, laddove esistono, corsi per gli amministratori di enti ecclesiastici e per i membri dei consigli ecclesiali per gli affari economici
10. Non limitarsi ad affrontare tutto questo soltanto in Italia ma impegnarsi nell'ottica di una Chiesa globale che sia in grado di attivare dei percorsi di educazione cristiana che investono sull'educazione dei giovani e degli adulti verso una cittadinanza attiva che profumi di legalità
Non si tratta di proposte compiute ed esaustive che hanno la pretesa di intervenire in modo chirurgico ma semplicemente di spunti di riflessione da offrire e mettere in pratica secondo le modalità che si riterranno più opportune
“Le mafie vanno
valutate all’interno della storia nazionale, all’interno della formazione dello
Stato nazionale, all’interno degli eventi e delle scelte della politica
nazionale”. E’ questo, in sintesi, il risultato dell’analisi attenda e
lucida di Isaia Sales riportata nel
suo ultimo libro “Storia dell’Italia
mafiosa. Perché le mafie hanno avuto successo”.
Lo studioso campano, autore tra gli altri de “I preti e i mafiosi: storia dei
rapporti tra mafie e Chiesa cattolica”, interrogando il passato per capire
le mafie, offre la sua chiave di lettura dei duecento anni di storia che ci
precedono e che legano la storia del nostro paese alle organizzazioni criminali
di stampo mafioso. E lo fa individuando anche i maggiori periodi di forza delle
mafie: “Se l’Ottocento è il secolo della
camorra, il Novecento è quello della mafia siciliana. Questo che viviamo
sembra essere quello della ‘ndrangheta”. Sales, ripercorre la storia sin
dalla nascita delle organizzazioni criminali, seguendo la loro evoluzione e facendo
gli opportuni distinguo con il banditismo e il brigantaggio. Risolvendo i tanti
luoghi comuni ancora oggi esistenti, il libro, ha anche il pregio di offrire
nuovi stimoli per la pratica civile e di raccontare anche verità poco
convenzionali e molto dolorose.
Del resto, altri fenomeni criminali, alcuni più feroci e
organizzati, appartengono oggi al passato, perché, a differenza delle mafie, si
contrapponevano al potere, alle istituzioni e alla classe dirigente. La mafia,
o meglio le mafie, invece, sono l’unica forma di criminalità che hanno avuto
successo e continuano ad averne perché non si contrappongono alle istituzioni e
alla classe dirigente, anzi.
Nello studio di Sales vi è anche una giusta difesa del meridione,
territorio da sempre martoriato e indicato come il capro espiatorio dei mali
che affliggono la società italiana. Non si nascondono le “colpe” delle
popolazioni meridionali ma in “Storia
dell’Italia mafiosa” si propone un’analisi che individua il nocciolo della
questione. Non manca il rapporto con la politica, l’economia o la stessa Chiesa
cattolica e, grazie alle statistiche riportate e alle diverse citazioni di
libri, lo scrittore, accompagna il lettore in una riscoperta della storia d’Italia.
Insomma, un libro che merita di vivere nelle biblioteche di ogni cittadino
responsabile e che cerca di ristabilire un po’ di verità, sperando che
finalmente si capisca che la lotta alle mafie è una lotta per la dignità umana
e civile.
Dopo quasi sette mesi di attesa, la scorsa settimana è stato pubblicato l'elenco dei candidati ammessi alla prova orale dell’esame di abilitazione all'esercizio della professione forense.
Molto bassa la percentuale di coloro che hanno superato gli scritti, al contrario invece, dei non ammessi, che hanno assistito ad una vera carneficina consumatasi nelle diverse Corti di Appello italiane, dove, neanche le bocciature più gravi sarebbero state motivate. A Palermo, insieme ad altri praticanti avvocati (al di là delle singole posizioni) che, insieme a me, hanno sostenuto le tre prove scritte per l’ammissione all’esame orale per
l’esercizio della professione forense, abbiamo deciso di tenerci per mano e di affrontarli per davvero i problemi che si celano dietro ad un esame concepito male e gestito malissimo.
Come certamente ben sa, nel nostro Paese viene richiesto ad un giovane laureato Magistrale in Giurisprudenza, che voglia intraprendere la bistrattata professione d’avvocato, di svolgere un periodo di diciotto mesi di pratica forense, nella prassi non retribuita, di spendere cifre non indifferenti per l’iscrizione agli albi dei praticanti e per la formazione, ormai, divenuta un business. Tutto questo, solo per avere la possibilità di sostenere un concorso camuffato da esame di abilitazione. I tempi per sostenere le diverse prove, tre scritte ed una orale, ed ottenere la tanto agognata abilitazione sono notevolmente lunghi. I criteri di valutazione non sono univoci e non è possibile, nella maggior parte dei casi, ricostruire il percorso motivazionale di chi ha corretto.
In buona sostanza, il futuro del giovane giurista viene deciso dall’imperscrutabile arbitrio di un commissario che, vedendo il candidato come un possibile futuro concorrente, si arroga il potere di regolare il numero di quanti vorrebbero accedere alla professione.
In caso di esito negativo, l’aspirante avvocato dovrà attendere nuovamente un anno per poter ripetere la prova, nel medesimo clima di incertezza.
In tutto questo arco di tempo, che si può snodare lungo diversi anni, il praticante non è in grado di sostentarsi autonomamente. Egli, mettendo da parte l’orgoglio, deve chiedere ai propri genitori l’ennesimo esborso economico.
A tale difficile situazione, si aggiunge un quadro legislativo che mira a soffocare sul nascere la libertà di una professione che di “libera” ha ormai poco. Tale normativa, che introdurrà la pratica forense e la scuola obbligatoria a numero chiuso, oltre che aggravare ulteriormente le modalità d’esame, viola palesemente il disposto dell’Art. 3 della nostra Carta Costituzionale. Il principio di eguaglianza, inoltre, è già leso dall'enorme disparità di trattamento esistente tra le modalità di accesso all'abilitazione forense e tutte le altre abilitazioni professionali.
Peraltro, un sistema così impostato si pone chiaramente in contrasto con l’Art. 2 Cost. Gli alti costi, uniti alla totale assenza di qualsivoglia forma di rimborso spese, rendono difficoltoso l’accesso alla professione forense, facendone una vera e propria casta, su cui gli avvocati possono mantenere il controllo sull’accesso.
Ci risulta difficile concepire il motivo per cui un giovane, laureatosi all’età di ventiquattro anni, debba trovarsi, quattro anni più tardi e alla soglia dei trenta, nella più assoluta incertezza circa il proprio futuro.
Per quanto ci riguarda, presso la Corte d’Appello di Palermo, si è assistito quest’anno ad una inspiegabile bocciatura di massa.
Nella specie, circa 400 candidati sono stati ammessi alla prova orale su 1122 partecipanti. I non idonei si sono visti valutare con votazioni ingiustificatamente basse, che denoterebbero gravissime lacune non solo giuridiche ma anche linguistico-grammaticali.
Una conclusione non condivisa dal Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, Prof. Avv. E. Camilleri. Quest’ultimo, in una recente intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, ha affermato che alcuni laureati dell’Università di Palermo sono risultati i migliori durante l’ultimo concorso in magistratura. Noi rifiutiamo di accettare l’idea che il 65% degli aspiranti avvocati della Corte d’Appello di Palermo sia una massa di incapaci. Perché questo è ciò che ci vorrebbe suggerire un’epidemia di voti infimi come quella registrata.
Noi riteniamo, invece, che i nostri elaborati siano stati corretti e valutati con una superficialità che non meritano. Perché in quei manoscritti, sono condensati anni di sudore, di speranze e di aspirazioni.
L'assenza di qualsivoglia segno di correzione e l'assoluta mancanza di motivazione sugli elaborati ci umilia. L'art. 46, comma 5, della Legge 31 dicembre 2012 n. 247, nel disciplinare le modalità di correzione delle prove scritte, infatti, dispone che la commissione deve "annotare le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma del voti espressi dai singoli componenti".
Un'interpretazione costituzionalmente orientata ed evolutiva della normativa citata, ha trovato abbondante accoglimento nella giurisprudenza degli ultimi anni.
La predetta violazione di legge, pertanto, potrà essere sanata solamente da una ricorrezione degli elaborati, che sarà possibile solo a seguito della presentazione di ricorsi al TAR. Come lei sa, la giustizia amministrativa in Italia é un privilegio che non tutti si possono permettere. Il candidato che intende ricorrere al TAR, per la ricorrezione delle prove, infatti, dovrà versare allo Stato circa 650 Euro di contributo unificato oltre il compenso professionale dell'avvocato.
Nonostante tutto, noi crediamo ancora in questa professione.
Una professione in cui ormai, soprattutto per i giovani, gli oneri superano i benefici, le responsabilità superano le soddisfazioni.
Una professione che, oggi più di ieri, ha assunto i contorni di una missione.
Ora più che mai, risuonano nelle nostre orecchie le parole di Piero Calamandrei: “Beati coloro che soffrono per causa di giustizia… ma guai a coloro che fanno soffrire con atto di ingiustizia! E, notate, di qualunque specie e grado di ingiustizia… perchè accogliere una raccomandazione o una segnalazione, favorire particolarmente un amico a danno di un estraneo o di uno sconosciuto, usare un metro diverso nella valutazione del comportamento, o delle attitudini, o delle necessità degli uomini, è pur questo ingiustizia, è pur questo offesa al prossimo, è pur questo ribellione al comando divino”.
Cordiali Saluti
"Nasce una nuova realtà giornalistica chiamata Kairos rivista.it, un giornale on line che parla di cultura, cinema, teatro, letteratura, fotografia, senza trascurare il buon vino e il buon cibo nella tradizione culinaria del nostro Paese. Nasce da un'idea della giornalista Margherita Ingoglia, 28 anni, laureata in Lettere Moderne, che ha pubblicato due libri di poesie e molte delle sue opere sono presenti in antologie. "Ma la realtà di Kairos - spiega - non sarebbe esistita se un giorno, con Jim Tatano, caro amico di Villalba, scrittore e giornalista, non ci fossimo detti di essere stanchi. Due giovani, entrambi con la passione per la scrittura, freschi di iscrizione all'Albo dei giornalisti e senza uno straccetto di lavoro: un miraggio. Entrambi stufi di sentire ripetere che la cultura è buona 'per farci il sugo quando viene natale' o per adornare passerelle di qualsiasi tipo. La cultura è bellezza, pensavamo noi. Così abbiamo attivato i motori e lungo il percorso di costruzione ci siamo accorti che non eravamo gli unici a pensarla in questo modo". "Da nord a sud abbiamo - spiega l'ideatrice dell'iniziativa - abbiamo trovato giovani con tanta voglia di fare, di parlare e di discutere e con la passione per la scrittura." Kairos rivista.it vuol essere un giornale giovane fatto di partecipazione culturale, condivisioni, discussioni e critiche. "Speriamo che questa piccola realtà culturale venga condivisa e partecipata dai giovani. Abbiamo bisogno di nuove forze e nuove idee. Il nostro progetto è aperto a chiunque voglia partecipare - continua Margherita Ingoglia - Kairos è una parola greca che vuol dire momento propizio, ecco noi abbiamo scelto il nostro per cominciare".(ANSA).
Inycon 2016, ne
avevamo parlato qui, prima che si
aprissero le danze. Ora che anche questa ventunesima edizione si è conclusa
tentiamo di fare un breve bilancio di una festa che, nel corso degli anni, è
cambiata notevolmente. Forse
troppo. E a chi ha detto che con il mio pensiero su Inycon ho
cercato di crearmi inimicizie, beh, forse stiamo solo perdendo tempo. Così come
ho avuto modo di ripetere, a chi, tra i pochi, mi ha chiesto con sincerità di
approfondire. La mia voleva essere ed é stata una critica verso una festa che
non può limitarsi a tre giorni di eventi in giro per i cortili del centro storico. E l’idea di “prolungare” Inycon dalla
primavera all’autunno non è niente male, anzi. Che poi Inycon a Menfi
non è una festa. E’ la festa.
Beh,
da dove iniziare? Forse
dalle parole di un turista milanese che a chi gli chiedeva cosa ne pensasse di
queste sere a Menfi ha risposto: “Io
sono stato alle feste del vino e questa non lo è. Scusami se te lo dico ma a me
sembra solo una festa paesana. E poi non ha senso non far conoscere il vostro
bellissimo mare a chi, come me, viene appositamente”. Come dargli torto? Com’è
stato possibile ridursi a questo? In effetti, il grande assente di questo week
end è stato proprio il vino. È mancato negli spettacoli, nei libri, perfino per
le vie del centro storico. E Menfi è, o dovrebbe essere, il suo vino.
Si parla di circa 40 mila visitatori nei tre giorni di festa ma forse qualcosa in
più si poteva fare. Se si iniziassero a coinvolgere maggiormente i
cittadini Menfi, probabilmente potrebbero venire fuori tante cose belle. A proposito, a
Petrosino lo fanno già da un pezzo. C’è perfino una voce del bilancio dedicata
alle scelte dei cittadini e proprio in questi giorni hanno scelto il loro
ospite musicale per la stagione estiva (era possibile votare, vedi qui, anche per nessun
concerto). Forse, a guardarsi attorno, le cose
non vanno poi così male. Torniamo ad Inycon: è la prima volta
che cala il sipario sulla festa del vino e che non si sentano gli applausi in
una piazza come sempre affollata. Insomma, e se mancano pure quelli… Adesso iniziamo a
lavorare per la prossima edizione. Sicuro che se fosse chiesto, in tanti
sarebbero disposti a dare il proprio contributo senza bisogno di cercare talenti nel resto d’Italia.
Che forse l'antimafia da cui ripartire, quella di cui si è parlato in questi giorni è proprio questa. Quella di Felicia. Onesta, sincera e coraggiosa. "Però, lo pensate tutti a Peppino"
Nel film di Gianfranco Albano (qui) a molti non è sfuggita la scena di Rocco Chinnici che dona una copia de "I Siciliani" di Pippo Fava a Franca Imbergamo, aspirante giornalista che poi entrata in magistratura sosterrà l'accusa nel processo per l'omicidio di Peppino Impastato. L'articolo contenuto in quel mensile del maggio 1983 a firma di Riccardo Orioles è riproposto sotto. S'intitolava "morte di un siciliano".
La maglietta blu pendeva dal filo dell'alta tensione della
ferrovia, sotto il binario divelto la buca dell'esplosione era profonda mezzo
metro. I brandelli di carne erano sparsi per circa centocinquanta metri.
Trovarono così quel che rimaneva di Peppino Impastato, due chilometri dalla
stazione di Cinisi ed era quasi l'alba.
Nella guerra fra i Barbera e i Greco - medioevo mafioso, anni
sessanta - Cinisi sta per i Greco. Cinisi: cioè i due o trecento delle famiglie
che contano, quelli che hanno le terre, o il potere, o il rispetto. Per tutti
gli altri, non rimane che stare a guardare: voltarsi da un'altra parte quando
c'è lo sparato, in piazza per il lavoro all'alba, baciolemani a voscenza, e mai
parlare di chi comanda. C'è qualche eccezione: un corrispondente saltuario
dell'Ora, qualche iscritto al sindacato, un paio di militanti comunisti, un
giornaletto - "L'Idea Socialista" -; tutto qui.
A distribuire il giornale, nell'estate del sessantasette, c'è un
ragazzo di diciassette anni, Peppino Impastato. In paese, il ragazzo è
conosciuto più che altro come nipote di don Cesare Manzella, uno dei vecchi
uomini di panza. Ma pare che sia la pecora nera della famiglia: legge libri
strani, fa discorsi che non si dovrebbero fare. Ma è un ragazzo, col tempo si
calmerà.
Il giornaletto, si capisce, dura poco: i pezzi grossi del paese
denunciano "quei quattro straccioni" in tribunale, e alla fine arriva
l'invito: o chiudete o finisce male. Si chiude. Peppino però non s'è ancora
messa la testa a posto, e un bel giorno sopra una porta scrostata compare una
targa rossa fiammante: "Circolo Che Guevara". Sono una ventina,
braccianti edili e un paio di studenti, e anche a Cinisi è il Sessantotto. Dopo
qualche mese, il Circolo confluisce in uno dei gruppi extraparlamentari di
allora, "marxista-leninista".
Strana faccenda il sessantotto in un paese di mafia. Da qualche
parte nel mondo ci sono Mao, Karl Marx, Marcuse. Qui a Cinisi c'è don Tano
Badalamenti. O stai zitto o al massimo parli di cose strane e lontane; oppure
parli di don Tano Badalamenti e dei suoi amici. Questa è la scelta a Cinisi. E
per Peppino è una scelta chiara. "Berranno i cavalli mongoli alle fontane
di Roma?" fa il cartello dei fascisti. E la risposta dei
"rossi", poco marcuse e tanta fame, è "no, l'acqua buona è solo
nel villino del sindaco". "Organizzammo una protesta a Terrasini, che
allora soffriva della mancanza d'acqua, con la partecipazione di Bastiano,
netturbino"... E avanti che la rivoluzione è vicina.
Il sessantotto della mafia, invece, a Cinisi e dintorni consiste
nella costruzione della Cuccagna di Punta Raisi. Una faccenda semplice, si
prende un pezzo di terra pieno di rocce, di montagne e di vento, ma espropriabile
con quattro soldi, e ci si fa una pista d'aeroporto. Non sarà granché per
atterrarci, ma in compenso è ottimo per farci gli appalti e per vendere i
terreni attorno, trasformati in lotti per edilizia turistica, alla gente della
Palermo-bene. Favorevoli, le Famiglie. Contrari, i contadini della zona. Facile
capire chi vince la guerra, dopo mesi di manifestazioni, occupazioni e scontri,
sempre con Peppino in prima fila.
Passano i diciassette anni del ragazzo dai discorsi strani, adesso
Peppino è un Capo-dei-Comunisti, un aizzapopolo, uno da fargliela pagare. A suo
padre gliel'hanno già detto, del resto, di stare attento a suo figlio: ma ormai
è troppo tardi per le nerbate, è finito il rispetto, ora Peppino vola.
"Manifestazioni a Cinisi contro il progetto per la terza pista di Punta
Raisi", "Scontenti i proprietari dei terreni", "Cominciati
e subito sospesi i lavori per la terza pista", "Lasceranno solo con
la forza i terreni espropriati per la pista", "Denunciati cinque
giovani a Cinisi", "DOMENICA SERA A ClNISI: COMIZIO DI LOTTA
CONTINUA!".
Inutile adesso ricostruire la storia di tutti quegli anni,
accompagnare Peppino davanti ai cantieri edili e sulla pista dell'aeroporto e
dentro la sede dei lottacontinua e nei cortei, e poi all'università a Palermo e
su a fare il militare. Tanto, sono decine di sconfitte e nessuna vittoria. Ma
se lo facessimo, ci accorgeremmo che ora è molto difficile trovare qualcuno che
non sia un compagno accanto a lui nella piazza, a Cinisi. Non è più un ragazzo,
ed è segnato.
Voce di Peppino: "E così, siamo nei paraggi del Municipio di
Mafiopoli! E' riunita la commissione edilizia. All'ordine del giorno,
l'approvazione del Progetto Z-11. Il grande capo, Tano Seduto, si aggira come
uno sparviero nella piazza...". Adesso l'aizzapopolo ha trovato una nuova
diavoleria, è riuscito a metter su una radio, tre scalzacani e quattro
ferrivecchi, anche la radio ci mancava!
L'aizzapopolo, fra l'altro, ora si crede furbo e per non farsi
denunciare un'altra volta le sue storie anziché a Cinisi le mette in una città
chiamata, guarda un po', Mafiopoli: corso Umberto diventa corso Luciano Liggio,
il sindaco Gero Di Stefano diventa Geronimo Stefanini, il tecnico comunale
l'ingegner Marpionese, e don Tano Badalamenti, con un sogghigno, Tano Seduto. Fra
crepitii e scariche, per venti chilometri all'intorno la gente, la sera, si
diverte a riconoscere i protagonisti di "onda pazza, trasmissione
satiro-schizo-politica sui problemi locali". "Qui radio Aut: onda
pazza!".
"Parola di Tano Seduto, grande capo di Mafiopoli! Ci sarà un
porticciolo bellissimo, già in costruzione, da dove le nostre merci potranno
partire indisturbate... Potremo sistemare le nostre veloci canoe che portano al
di là del mare la sabbia bianca... Le nostre canoe cariche di EROI-che merci...
Potremo FUMARE in pace il calumet, con tabacco BIANCO...".
Non era una storia che poteva durare. E non è durata.
Non sappiamo dove e quando sia stato celebrato esattamente il
processo contro Peppino (il processo vero, intendiamo; quello per Violazione di
rispetto) ma che esso abbia avuto luogo, non abbiamo dubbi. La mafia usa
dibattere "prima" la morte degli avversari più pericolosi, valutare i
pro e i contro. "Pro", ce n'erano tanti. Il figlio di Impastato, il
nipote di don Manzella buonanima, non è più un caruso. E anche quando, ormai il
gioco troppo grande è. Lasciamo andare le storie del municipio, gli appalti, i
palazzi. Lasciamo andare gli amici offesi, che pure ragione hanno. Lasciamo
andare manuàli e zappaterra che stanno alzando la testa peggio del quarantasei.
Ma da Punta Raisi l'eroina per l'America parte. E stu cornuto questo dice alla
radio. A Punta Raisi l'eroina, a Terrasini le armi via mare. E prima o poi
qualche sbirro finisce che lo prende sul serio. Difficile è, ma non si può mai
sapere. "Contro": e quali contro? Chi se ne deve accorgere, di uno
stracciato di meno? La questura? Gli onorevoli? I giornali?
"Ultrà di sinistra dilaniato dalla sua bomba sul
binario" (Corriere della Sera), "Attentatore dilaniato da una
bomba" (L'Avanti), "E' saltato in aria da solo" (Cronaca Vera),
"Probabilmente stava preparando un attentato" (Il Popolo),
"estremista", "esaltato", "kamikaze": no, i
giornali no.
Sulla morte di Impastato, la tesi favorevole alla mafia -
suicidio, attentato mancato - trova immediatamente d'accordo quasi tutta la
stampa italiana (di quella siciliana, con l'eccezione dell'"Ora" di
Palermo, è meglio tacere: per carità di regione). Le indagini ufficiali,
d'altra parte, tardano parecchio a prendere la strada giusta: l'ipotesi del
delitto di mafia viene presa in considerazione dopo diversi giorni; una
manifestazione di studenti contro l'attribuzione di terrorismo all'ucciso, a
Palermo, viene caricata dalla polizia. Ci vorranno anni per arrivare
all'individuazione "ufficiale" di un esecutore materiale, e di un
mandante: don Tano Badalamenti. Quanto al messaggio contenuto nell'omicidio, e
nel modo di compierlo, con l'uomo stordito o legato, e poi fatto saltare in
aria con la dinamite, il suo significato era già estremamente chiaro fin dal primo
momento, almeno a Cinisi: fatevi i fatti vostri.
"Era uscito dalla radio per tornare a casa sua".
"Ci rivediamo alle nove, ha detto". "Domenica, al comizio, aveva
ripetuto i soliti nomi".