"La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico.
La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare".
Piero Calamandrei

mercoledì 25 gennaio 2012

“A San Vitale continua il lavoro di riqualificazione del territorio, promozione della legalità e contrasto alle mafie”.


Il Consiglio di Circoscrizione San Vitale, riunito nella seduta del 16 gennaio 2012 su proposta del Consigliere IDV Antonello De Oto ha approvato all’unanimità (16 voti favorevoli dei 16 Consiglieri di IdV, Pd, Sel, Pdl e M5 presenti) l’Ordine del giorno dal titolo “Misure relative al gioco d’azzardo”. Questo ODG fa seguito agli altri due (sempre approvati all’unanimità)  presentati in San Vitale, sui temi del monitoraggio dei negozi compro oro e dello sviluppo di azioni positive per la diffusione della cultura della legalità. Il Consigliere De Oto, artefice di questo percorso, soddisfatto dichiara: “A San Vitale continua il lavoro di riqualificazione del territorio, promozione della legalità e contrasto alle mafie e ai loro proventi”. Già nel giugno 2011 gli stessi dipietristi avevano presentato e fatto approvare in Regione un provvedimento sul crescente fenomeno della diffusione del gioco d’azzardo patologico.  Provvedimento in cui, tralaltro, si chiedeva alla Regione di stipulare accordi con altri enti per “promuovere e attuare interventi di assistenza socio-sanitaria a favore dei soggetti colpiti dalla sindrome di gioco d’azzardo patologico”. Un fenomeno che, soprattutto nelle grandi città e a seguito della capillare diffusione delle “newslot” (ovvero le c.d. macchinette dei bar) ha assunto dimensioni molto preoccupanti. E’ perciò sempre più necessario lo sviluppo di forme di vigilanza e di supporto da parte delle Istituzioni alla promozione dell’ordinata e civile convivenza e al contrasto di fenomeni criminosi come il gioco d’azzardo e dei reati ad esso collegati. Lavoro che non si può e non si deve semplicemente demandare agli operatori di polizia (che vanno certo aiutati e formati in tal senso in maniera continuativa) ma azione che va sostenuta anche valorizzando l’attività di recupero dei giocatori d’azzardo patologici, attività operata dalle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale operanti nel Quartiere e in città.

mercoledì 18 gennaio 2012

I Vespri formato 2000


Martino Morsello, Giuseppe Scarlata, e Mariano Ferro. Tutti e tre siciliani, tutti e tre con recenti “esperienze politiche”. Poi ci sono Richichi e Salvatore Bella. Sono loro che stanno guidando in queste ore il “movimento dei forconi”.
Giuseppe Scarlata: ”Qui siamo apolitici. Qualche anno fa il nemico numero era la mafia, ora il nemico è lo Stato, che opprime i cittadini”. Per “Stato” s’intende la regione Sicilia: ”Noi aspettiamo le decisioni di Lombardo, perché noi del governo nazionale ce ne infischiamo”.

Dopo Forza Nuova oggi è arrivata la Lega “a rompere i sacchetti”. Ho sentito addirittura dei ringraziamenti alla Padania. Ma effettivamente non c’entra niente, questa è un’altra storia.
Sono i  “Vespri formato 2000”, peccato però che le analogie sono inesistenti. Tranne, forse, per l’agitarsi sullo sfondo di ombre misteriose e dagli obiettivi nient’affatto chiari.
Questo “movimento dei forconi” è composto da quella stessa maggioranza che ha eletto l’assemblea regionale contro la quale protesta.

Questa è un’isola paradossale e le sue proteste lo sono altrettanto.
Ma comunque non facciamo i qualunquisti, non parliamo di chi c’è dietro a questo movimento, del Mpa, di Forza Nuova. Forse non deve neanche interessarci.

“La classe politica non ci ha mai dato niente, questa classe dirigente della Regione e del Comune di “tutti chiddi chi sunnu politici” se ne vadano a casa. Tutti a casa devono andare. Vogliamo lavoro, noi i nostri diritti li vogliamo pagare. Se avevamo i soldi in tasca per pagare le tasse, se avevamo lavoro, noi non c’eravamo qua, siamo qua grazie a loro”. “U pitittu fici nèsciri la serpi di la tana”.
Questa è una delle tante dichiarazioni rilasciati dagli “animatori” del “movimento dei forconi”.

La mia Sicilia ha tonnellate di ragioni per protestare, per scendere in piazza,  ne ha sempre avute.
Vero è che se ognuno di noi avesse fatto qualcosa ieri, oggi non ci saremmo ritrovati in questa situazione.
Le pratiche clientelari hanno avuto sempre la meglio su tutto, abbiamo venduto i nostri diritti e non ce ne siamo nemmeno accorti. E quando qualcuno ha lottato per questo lo si è lasciato solo (la lista dei nomi da fare è lunga), lo si è lasciato morire solo o lo si è lasciato emigrare, solo.

Sento sempre mille proclami contro la mafia, la mafia di qua, la mafia di là.
Ma nel nostro piccolo cosa abbiamo fatto? Non abbiamo mai fatto una scelta di campo.
Abbiamo sempre deciso di non decidere, di non vedere, di essere indifferenti, di accontentarci.
Ci siamo sempre occupati di curarci il nostro giardino e mai quello del vicino.

Io non mi ricordo tutti questi siciliani in piazza per i vari e sacrosanti scioperi generali, non me li ricordo mentre in Parlamento si votavano tutte quelle leggi “porcata”, non me li ricordo quando è stata approvata la Riforma Gelmini, non me li ricordo l’ultima volta che sono andati a votare per un partito diverso dall’Udc, dall’Mpa o dal Pdl. Si dice che la classe politica siciliana non sia all’altezza dei siciliani.
Questo è vero, è pure vero che questa classe politica ce la siamo scelti noi.
Non facciamo altro che lamentarci ed adesso che le cose non vanno più bene, che manca il terreno da sotto i piedi iniziamo a preoccuparci?

Quel Vittimismo di Verga torna più impietoso che mai.
La verità sta nelle parole di Giovanni Falcone:

"Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così.
Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare,
ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare
". 

martedì 17 gennaio 2012

Scimmie

Alessandro Gallo è un giovane scrittore che di scimmie ne ha viste tante, ne ha viste ieri e ne continua a vedere anche oggi, a 25 anni, a Palermo, a Bologna, a Napoli.
 Anche Giancarlo Siani ne ha viste di scimmie, ne ha viste tante, troppe.
 Napoli 1985, Panzarotto, Pummarò e Bacchettone giocano a diventare grandi, voglia di diventare qualcuno, di trovarsi un’identità, di quelle che si raccontano, di quelle che superano il tempo.
 Adolescenti che si scontrano troppo presto con la realtà, con la camorra, con la vita.
 Quella realtà di Cutolo, Perrella, Gionta, Nuvoletta. La realtà della droga, dei pomodori, del cemento, della monnezza, della donna con la Calibro 38.
 Giocano a diventare un clan, tre  “guappi di cartone ” come si dice a Napoli ma per Pummarò, Panzarotto e Bacchettone la camorra non è quella che pensavano, non solo soldi ed auto potenti ma anche vittime innocenti, amici morti ammazzati.
 Giancarlo è un giovane “Giornalista Giornalista” che ascolta Vasco Rossi e che vuol saperne di più della Camorra, vuole vederla e farla vedere, senza filtri, senza racconti. Giancarlo è poco più grande di Pummarò, Panzarotto e Bacchettone, ha solo 26 anni e le idee molto chiare. Gli basta poco per mostrare a quegli adolescenti pronti alla guerra la vera camorra, quella che si chiama mafia, non quella raccontata dagli altri.
 Scimmie è il romanzo di un giovane scrittore, che racconta di quell’amore senza parole nato in una rosticceria  a ritmo di panzerotti, dolce e speranzoso come il cuore di Filomena.
 E’ la storia di molti adolescenti che si ritrovano una vita che non gli appartiene, una vita dove la camorra sceglie per loro, probabilmente morti ammazzati senza un perché o forse perché si trovavano solo nel posto sbagliato,  non hanno potuto viversi la loro storia d’amore con la propria amata o con la propria terra, solo perchè non ne hanno avuto la possibilità.
 E’ il romanzo vincitore del concorso “Giri di Parole 2011” della Navarra Editore.
 Le Scimmie non sono troppo lontane da te, apri gli occhi.

 Sito del libro: www.scimmieilromanzo.com

giovedì 12 gennaio 2012

12/01/2012



10 dicembre 2009 la Camera dei deputati salva Cosentino dall’arresto.
22 settembre 2010 la Camera dei deputati ha negato l'uso delle intercettazioni nelle indagini di Roma.
12 dicembre 2011 la Camera dei deputati salva Cosentino dall’arresto accusato dai pm napoletani di riciclaggio e corruzione con l’aggravante del metodo mafioso. 

Il giudice delle indagini preliminari Egle Pilla lo definisce «il referente nazionale» delle cosche casalesi e Francesco Schiavone “Sandokan” disse che "era amico" di Nicola Cosentino.
“Nick o' mericano” è parente acquisito di diversi camorristi: suo fratello Mario è infatti sposato con Mirella Russo, sorella del boss dei casalesi “Peppe O' Padrino”, che sta scontando un ergastolo per omicidio e associazione mafiosa; un altro fratello è sposato con la figlia del boss Costantino Diana.
Niente male, questo è solo gossip però. Mica è reato avere dei parenti mafiosi.

Ma i pm di Napoli non hanno niente di meglio da fare che occuparsi di Cosentino e chiederne l’arresto?
Già, per esempio potrebbero chiedere l’arresto per tutti quei familiari di vittime di mafia che oggi hanno ruoli pubblici, che ne direste? Pensateci un po’, in fondo potremmo invertire la mafia con l’antimafia.

Del resto sia Liggio che Dell’Utri lo gridarono ad alta voce: “se esiste l'antimafia vorrà dire che esiste pure la mafia”. L’Italia infatti è un paese strano, prima è nata l’antimafia e poi la mafia.

Potremmo legalizzare la mafia, che tra le varie cose con un fatturato annuo di 140 miliardi, è di gran lunga la prima azienda in Italia, martoriarla con un po’ di tasse così da poter mettere i conti in regola e poi potremmo criminalizzare l’antimafia. Facendo due conti avremmo meno morti ammazzati, meno associazioni impegnate, niente “Addiopizzo”, “niente Ammazzateci tutti”, niente “LiberoFUTURO”, niente “Radio Siani” niente “Gomorra”, niente mobilitazioni in favore di Telejato, niente scorta e mobilitazioni  on-line per Giovanni Tizian, niente “scassa minchia”, niente di niente.

Se la mafia venisse legalizzata saremmo tutti più ricchi e la “padania” sarebbe la regione più povera perché lì la mafia non esiste.

Ed invece no, tutto rimane così ed i gattopardi colpiscono ancora "cambiare tutto per non cambiare niente"
Non vi scordate questa giornata, non può finire nel dimenticatoio. Scrivetevelo 12/01/2012.

12/01/2012.

mercoledì 11 gennaio 2012


Penserete subito al Sindaco pescatore, Angelo Vassallo, ed invece no. Non è solo l’ex Sindaco di Pollica che viene ricordato oggi come primo cittadino antimafia. Fino al 16 dicembre avevamo anche Ciro Caravà.
Ve lo ricordate vero? E’ lo stesso che prometteva case abusive a tutti, perfino Bersani dovette intervenire e chiedere chiarimenti al Segretario del Pd Lupo.
Aveva condotto l’ultima campagna elettorale garantendo la sanatoria edilizia agli 800 proprietari di case abusive lungo gli otto chilometri di costa tra Tre Fontane e Torretta Granitola.
Il Sindaco, antimafioso di giorno e mafioso di notte, avrebbe pagato decine di biglietti aerei ai familiari dei boss detenuti al Nord e distribuito appalti alle ditte dei clan. Dalle intercettazioni è emerso anche il sostegno elettorale di Cosa nostra al primo cittadino.
Il sindaco che aveva la famosa foto di Falcone e Borsellino in ufficio, che ha fatto aderire il suo Comune all’associazione Libera e con delibera di giunta l’ha fatto costituire parte civile nel processo ai favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, ultima primula rossa di Cosa Nostra..
Campobello di Mazara, alba del 16 dicembre. Alla cittadinanza intera spetta un brusco risveglio, a tutti i cittadini, non solo gli onesti o chi l’ha fronteggiato in questi anni. Il Sindaco Caravà viene arrestato insieme ad altre 10 persone, tra cui capimafia del calibro di Leonardo Bonafede, Francesco Luppino, Cataldo La Rosa e Simone Mangiaracina, nel corso dell’operazione dei Ros, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda Maria Teresa Principato e dai sostituti Marzia Sabella e Pierangelo Padova.
 “E’ da tanto che si mormorava e si sussurrava ma la gente non ci credeva più, non succedeva mai niente” ci dice un anziano campobellese. Eppure non solo chiacchiere e proclami, già nel 2008 dal Viminale venne inviata una terna di ispettori nel Comune per verificare eventuali infiltrazioni mafiose ma tornarono a Roma a mani vuote e Caravà ed amici potettero tirare un sospiro di sollievo nonostante le preoccupazioni del momento.
Sono ormai lontani i proclami di quando gridava tana a Matteo Diabolik ed affermava subito dopo la sua rielezione “La lotta alla mafia è la priorità della mia amministrazione”.
Il massimo del disprezzo per Cosa Nostra Caravà lo raggiunse in piena campagna elettorale rispondendo ad una domanda sul presunto capo della mafia siciliana: “Credo che Messina Denaro sia importante prenderlo non tanto per il fatto che possa rendere quel male che ha reso nel passato ma perché si sconfigge un mito e si afferma la forza della legalità e delle Forze dell’Ordine”.
Uno dei messaggeri  di Denaro, Francesco Luppino intercettato al telefono commentava le dichiarazioni dell’amico Ciro, “L’altra sera l’ho sentito parlare in tv minchia se non lo conoscessi..”
Arrestato per associazione mafiosa e accusato di essere organico ai clan che fiancheggiano il superlatitante Matteo Messina Denaro, Caravà non è certo il primo “paladino” dell’antimafia che si scopre essere “punciutu”. Diffidate gente, diffidate dei nomi e delle persone, fidatevi della loro storia e dei concreti risultati che si sono succeduti nel tempo.
E quella “Lezione sulla mafia” di Paolo Borsellino a Bassano del Grappa inevitabilmente mi torna in mente: "C'è un equivoco di fondo. Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No! La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali". 

mercoledì 4 gennaio 2012

A che serve vivere, se non c'è il coraggio di lottare?


I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa

Il primo editoriale della rivista “I Siciliani” pubblicato nel gennaio 1983.


 5 gennaio 1984 ore 22, Giuseppe Fava ha appena lasciato la redazione de "I Siciliani", viene freddato davanti al teatro Stabile, in via dello stadio a Catania, dai sicari del boss Nitto Santapaola.
 Accadde qualche giorno dopo la sua ultima intervista rilasciata ad Enzo Biagi, il 28 dicembre 1983 .
Mi rendo conto che c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. [...]
I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. 
Se non si chiarisce questo equivoco di fondo...
Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee.
Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante.
È un problema di vertici e di gestione della nazione, è un problema che rischia di portare alla rovina e al decadimento culturale definitivo l'Italia.
(dall'ultima intervista di Giuseppe Fava, a Film Dossier di Enzo Biagi del 28 dicembre 1983)