"La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico.
La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare".
Piero Calamandrei

martedì 14 ottobre 2014

Menfi è il suo vino


Menfi, in realtà, è anche il suo mare, e tante altre cose. Il mare per noi, il vino per gli altri, le tradizioni per i libri di storia che ogni tanto rivivono e prendono vita in questo incredibile pezzo di Sicilia occidentale. Un piccolo paradiso terrestre (guarda qui le mie foto ) sconosciuto ai più, a tutti quelli che conoscono il suo vino.
Situata tra i fra i templi di Selinûs (la colonia greca più occidentale della Sicilia) e l’area degli scavi di quella che fu Heraclea (la città riportata nelle orazioni scritte di Cicerone) è stata fondata da Diego Tagliavia Aragona Cortes tra il 1636 e il 1638 anche se la sua storia, e quella del suo vino, inizia molto prima.
Prima dei Greci, i Sicani avevano già costruito fortezze e villaggi. Le loro principali città erano Inyco e Camico poi assorbite tra il V ed il VI secolo proprio dalle colonie greche.
Durante lo scontro tra Selinunte e Cartagine, intorno al 400 a.C., il territorio menfitano, posto al confine, fu teatro di battaglie e pare che proprio in questa zona sbarcarono i Saraceni ed è qui che si stanziarono i Berberi. Nel 1238 Federico II di Svevia fece costruire il castello di Burgiomilluso (borgo dall’abbondante acqua). 
Dopo la Pace di Caltabellotta (31 agosto 1302) gli angioini attaccarono il castello inutilmente e successivamente la proprietà passò nelle mani dei Ventimiglia prima, e dei Tagliavia poi.
Fu così che sotto la dominazione spagnola, dopo la scomparsa dei musulmani, Carlo V fece costruire un casale nel territorio di “Menfrici” e nel 1583, per scongiurare l’invasione turca, Filippo II, ordinò la costruzione della torre di Burghetto, a Porto Palo. 

E pare, che proprio quella torre, era raggiungibile, grazie ad un tunnel sotterraneo direttamente dal castello, talmente grande e spazioso da farci passare un cavaliere a cavallo. Voci di paese e di qualche testimonianza senza nome anche se, non esistono documenti che affermano l’esistenza di questo tunnel, vero è anche che nessuno ha mai provato a cercarlo…e proprio a Porto Palo, probabilmente, vi era un emporio fenicio. Di certo in epoca recente, venne trovata nei suoi fondali, un relitto di una nave romana del II sec a.C. piena di anfore ed altri antichi reperti.
Soltanto nella prima metà del 1600 iniziò la costruzione del nucleo urbano grazie a Diego Aragona Tagliavia Pignatelli, che istituì il contratto enfiteutico con il quale affittò la terra ai coloni e nello stesso periodo fece costruire il palazzo che porta il suo nome (dove è stata rinvenuta una necropoli pavimentale risalente al V-VI secolo) e la Chiesa della Madonna delle Grazie.
Il nome Terre di Menphis sostituì quello di Burgiomilluso ed entrò a far parte del Principato di Castelvetrano fino ai primi anni dell’800, quando, con l’abolizione del feudalesimo, entrò a far parte del regio demanio e inclusa nella provincia di Agrigento. 
È nel 1813 che il Comune prende il nome, attuale, di Menfi. Grazie alla fiorente economia e alle notevoli quantità di prodotti esportati vengono costruiti la ferrovia che collega a Castelvetrano e l’imbarco doganale di Porto Palo, rendendo Menfi libera e indipendente, anche da quella che era la vicina “Aquae Labodes” e che proprio in quegli anni divenne Sciacca. 
I menfitani furono favorevoli al progetto di Garibaldi tant’è vero che in molti lo seguirono nella sua impresa e pare che l’eroe dei due mondi avesse intenzione di sbarcare proprio qui, a Porto Palo, con i suoi mille garibaldini prima di cambiare rotta e fermarsi nel porto di Marsala a causa della presenza di navi borghesi nel porto belicino e il probabile avvistamento dalla torre saracena che domina a vista il mare sud occidentale. Nel 1968 il paese e tutto l’hinterland belicino vengono colpiti dal terremoto, nono grado scala Mercalli. Questo ha danneggiato buona parte del centro abitato, anche se, ha subito danni certamente inferiori rispetto agli altri paesi terremotati. La ricostruzione ha portato ad una notevole espansione del paese anche se la scelta politico-economica-strategica è stata decisamente infelice. 

La città si è espansa verso la città stessa e non verso il mare. La ricostruzione ha portato all’agglomerato e non all’apertura territoriale.
Pare sia la robusta presenza massone (almeno tre le logge ufficiali e riconosciute: Inyco, I Figli di Hiram e Leonardo Cacioppo) a far da cornice e a tenere lontani, paradossalmente, investimenti e turismo. Del resto le frange di massoneria deviata da sempre hanno influito pesantemente sulla società menfitana. In un’intercettazione telefonica contenuta nell’inchiesta Scacco Matto e oramai divenuta famosa veniva definita “forte, forte, fortissima” che coinvolge persone “più potenti dei ministri”. Senza dimenticare che fonti confidenziali e investigative hanno riferito che Matteo Messina Denaro abbia scelto proprio la “piccola Parigi” come base strategica per gestire il suo potere. Ma questa è un’altra storia.
Menfi è il suo vino, dicevamo. Già durante la colonizzazione greca era conosciuta per il buon vino ed è proprio qui, che, oggi, troviamo una delle migliori realtà cooperative a livello europeo. La Cantina Settesoli, motore economico e sociale del paese, è il primo produttore per dimensioni della Sicilia. Ma non è la sola. Di fatti, tra i vari produttori vinicoli, se la Settesoli esprime la maggiore forza sui numeri (con una produzione di 24.920.000  di bottiglie nel 2013), il vino, con l’esclusivo profumo di frutta e agrumi, é il vero protagonista del territorio. 
Oltre 2.000 soci coltivano il più grande vigneto d’Europa: 6.000 ettari di terreno, 26 cultivar di uve diverse coltivate per un totale di 559.823 quintali di uva raccolte nel 2013. Dagli autoctoni, per citarne qualcuno, Inzolia e Nero d’Avola agli internazionali Chardonnay e Merlot su tutti. Ma anche gli sperimentali Sauvignon Blanc, Alicante Bouschet ed altri.
La vendemmia inizia con la raccolta del Pinot Grigio e si conclude con il tipico Grecanico. Si vendemmia prevalentemente a mano, per un buon 60%, nonostante l’avvento delle macchine vendemmiatrici. Proprio a testimoniare la voglia e l’amore dei viticultori per il loro raccolto, dove la cultura, e la coltura, del vino rappresenta un senso di appartenenza al territorio, la vendemmia continua ad essere, ancora una oggi, un momento importante, una festa da trascorrere tra amici e parenti.
Cantine Settesoli é più che un’azienda vinicola. É la storia, l’amore dei suoi soci per la terra, per il vino:  4 stabilimenti, 25 milioni di bottiglie all’anno, più di 55.000.000 di euro di fatturato (nel 2013) ripartito per il 70% all’estero (in più di 30 paesi) e per il restante in Italia. La cooperativa, fondata da 68 soci, nasce il 21 dicembre 1958 (la prima vendemmia è del 1965) e il nome pare venga in prestito dai sette mesi di sole che, da marzo con la ripresa vegetativa della vite e la nascita delle gemme, portano a settembre alla raccolta dell’uva. Vero è anche che il 1958 è l’anno della pubblicazione de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che proprio nel libro vincitore del premio Strega parla proprio del “feudo Settesoli. E questa non è certo una coincidenza.
Menfi (12.739 abitanti, di cui 2.274 vivono all’estero mantenendo la doppia cittadinanza) conta la bellezza di circa dieci produttori di vino (guarda qui). È nella  “Costa d‟Africa” di Sicilia, che si espande una distesa di vigneti che si lasciano accarezzare dal profumo del mare e cullare, dall’alba al tramonto, da quei colori che non lasciano spazio all’immaginazione talmente sono veri e belli.
È la profondità dell’ombelico del mondo. Nel mediterraneo e nella Sicilia. Nella storia e nella cultura.
Seppure l’agricoltura e l’economia menfitana si basano abbondantemente sul vino, non sono da sottovalutare la coltivazione del carciofo spinoso di Menfi, in particolare, che dal 2012 è entrato a far parte del prezioso mondo dei Presidi Slow Food e dagli 850 ettari di distese di ulivo. Prevalgono le tre cultivar locali: Bianco Lilla,  Nocellara del Belice e Cerasuola.
Oltre le produzioni private di cui godono quasi tutti i menfitani sorge la cooperativa agricola “La Goccia d’Oro” che riunisce 1.100 soci produttori di Olio Extra Vergine di Oliva.
Menfi è il suo mare, situata tra le foci dei fiumi Belice e Carboj, dalla piazza Vittorio Emanuele in alcune giornate si scorge Pantelleria. 18 bandiere Blu (dal 1998 ininterrottamente) conquistate da quei 10 km di spiagge che si affacciano sul mediterraneo e che hanno conquistato la bandiera Verde 2014.
Le spiagge che si alternano tra varietà sabbiose, ciottoli bianchi e dune che ricordano quelle del deserto, sono dominate dal giglio di mare, e da cui è facile godere di tramonti spettacolari e albe mozzafiato. Per i più fortunati vi è la possibilità di incrociare la tartaruga del mediterraneo Caretta Caretta che in certe notti d’estate va a deporre le sue uova lungo il litorale menfitano. È qui che la natura regala il meglio di sé, cambiando continuamente i propri colori, soprattutto nella stagione estiva.
Si narra che proprio in questa zona trovò rifugio Dedalo dopo la sua fuga da Creta. Secondo la leggenda, Cocalo ospitò Dedalo e poi, le figlie del re sicano, lo aiutarono ad uccidere Minosse.
Questo e molto altro si racconta ma il mito rivive da agosto ad ottobre, durante la vendemmia e durante Inycon, la conosciuta festa del vino nata nel 1996, Bacco pare tornare e aggirarsi tra i vigneti di Menfi. E qui, forse, la leggenda c’entra poco tanto è vera la vita tra le strade della città del vino.


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